Marco Prato forse aveva già deciso di togliersi la vita già durante l'ultimo colloquio col padre, Ledo. Durante quell'incontro, come riporta Repubblica i due "hanno parlato dell'inevitabile sentenza che sarebbe piombata su Marco" e "del fatto di doversi preparare al peggio e che, qualunque cosa invece di buono poteva arrivare, sarebbe stata positiva". Prato ripeteva a tutti: "Mi hanno dipinto come un mostro, ma io non mi sento un mostro, io sono innocente. L'unica colpa che ho è quella di non avere avuto il coraggio di fermare quello che stava avvenendo in quella stanza". A quanto pare Prato voleva il sostegno della sua terapista: "Senti papà, se tu vuoi che io viva serenamente il carcere ho bisogno della mia terapeuta: non c'è niente da fare, sennò non ce la faccio. Ho fondato la mia esistenza negli ultimi anni su quel rapporto di fiducia e se questa fiducia non mi viene confermata in qualche modo io crollo e non ho più le risorse e le capacità per affrontare il processo come si deve". Quella che aveva trovato in carcere, sempre come riporta Repubblica, era diventata una persona fidata: "Senti papà, se tu vuoi che io viva serenamente il carcere ho bisogno della mia terapeuta: non c'è niente da fare, sennò non ce la faccio.
Ho fondato la mia esistenza negli ultimi anni su quel rapporto di fiducia e se questa fiducia non mi viene confermata in qualche modo io crollo e non ho più le risorse e le capacità per affrontare il processo come si deve", insisteva Prato. Poi la decisione di farla finita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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