Da quando all'inizio dell'estate è stato pubblicato il report redatto dai servizi segreti che annunciava il rischio dell’arrivo di circa ventimila migranti dalla Libia in Italia, le preoccupazioni relative al fenomeno migratorio hanno assunto maggiore rilievo. Riflettori accesi quindi sulle coste libiche dalle quali sarebbero pronti a partire numerosi barconi e occhi puntati a quello che sarà il comportamento di Malta in merito alle richieste di aiuto che potrebbero essere lanciate nel corso della navigazione da parte delle imbarcazioni. Già perché come spiegano i fatti di cronaca Malta, in più occasioni, ha mandato in Italia i barchini presenti all’interno della propria area Sar. Questo atteggiamento è stato attuato con diverse modalità: in alcune occasioni La Valletta ha lasciato l’onere dell’intervento all’Italia, altre volte è risultata addirittura “assente” all’interno delle proprie acque. La “giustificazione” utilizzata è sempre la stessa, ovvero che le dimensioni dell’arcipelago maltese sono così contenute da non potere accogliere tutti coloro che transitano nella zona Sar di competenza.
Stando poi a quanto scritto sul quotidiano “Avvenire.it”, Malta avrebbe trovato nuove modalità per far tornare indietro i migranti o spingerli lungo le coste siciliane: “Nelle settimane scorse- così come si legge nell’articolo-una nuova serie di inchieste giornalistiche internazionali ha permesso di accertare che non solo Malta ha messo in mare da tempo una flottiglia di pescherecci fantasma incaricati di intercettare i barconi e ricondurli in Libia, ma che spesso le Forze armate dell’isola equipaggiano i gommoni, anche con motori nuovi, affinché raggiungano le coste siciliane".
Il caso del mercantile Talia
Uno degli episodi accaduti nel corso di questa estate in cui Malta ha tentennato nel garantire un porto sicuro ai migranti in difficoltà è accaduto lo scorso 8 luglio. Più di 50 persone il 3 luglio erano state recuperate dalla nave Talia, imbarcazione battente bandiera libanese che opera per il trasporto di bestiame, in zona Sar maltese. Per cinque giorni, La Valletta, nonostante la nave fosse in area territoriale di propria competenza, non ha provveduto ad assumere le proprie responsabilità sperando che arrivasse l’ok da Roma per l’apertura dei porti italiani. La sera dell’8 luglio, alla fine, il centro di coordinamento di ricerca e soccorso di Malta ha autorizzato lo sbarco dei migranti
La “Strage di Pasquetta”
Uno dei fatti di cronaca più recenti che mette in evidenza l’atteggiamento di Malta in situazioni di emergenza è legato alla “Strage di pasquetta”. La drammatica vicenda è emersa la mattina del 12 aprile scorso, quando 101 migranti che sono arrivati a Pozzallo, hanno raccontato di essere stati raggiunti in prossimità di Malta da un’ imbarcazione militare maltese che ha fornito loro tutto il materiale necessario (cibo e un nuovo motore) e di essere stati scortati per un tratto in modo da raggiungere le coste siciliane. I militari avrebbero detto ai migranti che stavano soccorrendo di non poterli accogliere nel proprio Stato a causa dell’epidemia.
Ma non è tutto. I sopravvissuti hanno raccontato che ci sarebbe stato un altro gommone per il quale La Valletta avrebbe omesso di prestare soccorso. Questo comportamento avrebbe causato la morte di 12 migranti e il ritorno nelle carceri libiche di 51 superstiti determinando quella che poi è stata denominata la “Strage di Pasquetta”. In merito a quanto accaduto è stata aperta un’inchiesta per accertare le responsabilità del premier maltese Robert Abela e del capo delle Forze armate. Il giudice Joe Misfud ha però archiviato tutte le imputazioni a carico delle parti. Secondo il magistrato, la responsabilità di quanto accaduto sarebbe da ricollegare a Frontex. Quest’ultima ha respinto ogni accusa al mittente. In una nota pubblicata su “Avvenire.it” l’agenzia ha precisato che “è il centro di salvataggio appropriato, non Frontex, a decidere se chiedere assistenza a qualsiasi nave della zona. E Frontex non aveva navi vicino a quest'area"
BREAKING: Malta's Dangerous Manoeuvres at Sea exposed!
— Alarm Phone (@alarm_phone) May 20, 2020
Witness testimonies and video evidence gathered by #AlarmPhone suggest that the Armed Forces of Malta (@Armed_Forces_MT) endangered the lives of 101 people in distress before facilitating their arrival in Italy. 1/12 pic.twitter.com/6QU87PMffm
Il memorandum tra La Valletta e Tripoli
In questo quadro, è da registrare poi l’iniziativa politica del governo maltese il quale ha concluso a fine maggio un memorandum d’intesa con l’esecutivo libico guidato dal premier Fayez Al Sarraj. Il primo ministro Abela ha concordato, in particolare, un’intesa con Tripoli volta a creare le condizioni affinché i due Paesi collaborino sul fronte migratorio. Malta sosterrà finanziariamente la costruzione di centrali operative comuni sia nel porto di La Valletta che in quello della capitale libica.Tali centri dovrebbero essere operativi a partire da luglio e servirebbero a garantire, in primo luogo, un coordinamento su pattugliamenti congiunti da parte della Guardia Costiera maltese e quella libica. Inoltre, l’esecutivo maltese si è impegnato a fornire, anche tramite fondi Ue, più soldi ed attrezzature alle autorità di Tripoli impegnate nel pattugliamento delle coste della Tripolitania. L’obiettivo di Malta è quello di evitare di far avvicinare i barconi partiti dalla Libia verso il proprio territorio, il tutto cooperando con il governo del Paese nordafricano.
A livello diplomatico la sensazione è che il memorandum potrebbe rappresentare una vera e propria regolamentazione dei respingimenti verso la Libia. Una circostanza non ammessa nel diritto internazionale, visto che Tripoli non è dichiarata porto sicuro. Malta però ha deciso di andare avanti e mettere sul piatto un memorandum d’intesa, se l’Italia avesse anche solo minimamente accennato ad effettuare una simile operazione a livello internazionale sarebbero piovute critiche ed accuse di ogni tipo. Anzi, il nostro Paese è stato già condannato a pagare un risarcimento danni, con una sentenza del tribunale di Roma dello scorso 28 novembre, per un respingimento effettuato nel giugno del 2009, quando era entrato in vigore l’accordo siglato tra il governo Berlusconi e quello di Muammar Gheddafi.
Ma ad imbarazzare l’Italia, sotto un profilo politico, è ben altro. A Tripoli è presente la nave Gorgona della nostra marina militare, il cui incarico è quello di addestrare i membri della Guardia Costiera libica. Il rischio è che già a luglio i nostri marinai addestreranno uomini a bordo di mezzi donati proprio dall’Italia qualche anno fa che, grazie al memorandum concluso tra Libia e Malta, usciranno in mare per coordinarsi con le autorità di La Valletta.
E poi c’è un sospetto che, visti i comportamenti maltesi prima riportati ed i riferimenti storici degli anni più recenti, non si può del tutto escludere: e se La Valletta e Tripoli, forti di questa intesa, dovessero iniziare ad approfittarne per isolare l’Italia e fare in modo che il grosso dell’emergenza immigrazione nella prossima estate venga gestito dal nostro Paese? Molti barconi, si teme da parte italiana, potrebbero essere lasciati passare verso le acque di nostra competenza oppure semplicemente non soccorsi in attesa che da Lampedusa partano le nostre motovedette.
Il rischio isolamento per l’Italia
Lo spettro dell’isolamento è anche di natura politica. L’attivismo di La Valletta potrebbe aver preso in contropiede la nostra diplomazia, la quale in questo momento fatica, anche per i problemi interni relativi all’emergenza coronavirus, a seguire con dovuta continuità il dossier libico. Non solo Malta ha chiuso un memorandum con la Libia, ma si è anche dichiarata contraria alla missione Irini, all’operazione dell’Ue cioè volta al pattugliamento delle coste libiche per impedire ulteriore afflusso di armi verso il Paese nordafricano. Una missione contro cui si è espresso in maniera negativa anche il governo di Tripoli. La convergenza l’esecutivo maltese e quello di Al Sarraj appare quindi ben solida su più fronti. Circostanza quest’ultima che preoccupa e non poco il nostro Paese, il quale quindi rischia di ritrovarsi isolato in vista di mesi che si preannunciano caldi sul fronte migratorio.
Un eventuale concreto isolamento, porterebbe l’Italia a gestire con maggiore affanno possibili (e ben prevedibili) nuovi flussi di barconi e nuove ondate di sbarchi lungo le nostre coste. L’impressione è che nel Mediterraneo, sia nella sponda africana che europea, tutti i vari attori internazionali si stiano muovendo assecondando unicamente i propri interessi. L’Italia, al contrario, è l’unica che realmente crede in questo momento ad una sempre meno probabile solidarietà europea puntando esclusivamente ad un meccanismo di ricollocamento di quote di migranti su cui, in ambito comunitario, ogni accordo appare ben lontano.
L'unica novità giunta nelle ultime settimane sul fronte politico, riguarda il ritorno del dialogo tra Italia e Libia sul fronte migratorio. In occasione della visita di giugno del ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Tripoli, il governo libico ha presentato alcune proposte di modifica del memorandum tra il nostro Paese e quello nordafricano sottoscritto dalle parti nel 2017. Si è trattato di un primo passo formale da parte libica per arrivare ad una modifica chiesta, nei primi mesi di questo anno, dal governo Conte II.
Il 2 luglio si è svolta una prima riunione tra le due rispettive delegazioni, è però ancora difficile stabilire se si arriverà o meno a delle vere modifiche e se, soprattutto, tali eventuali novità saranno in grado o meno di attenuare l'attuale emergenza migratoria.
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