Il flop di Di Maio, gli scafisti e le Ong: la "bomba" migranti in arrivo dalla Libia

Si preannunciano numerosi sbarchi di migranti in Italia per l'estate ormai vicina. La testimonianza del coordinatore umanitario dell'Onu lascia pensare che la rotta libica sarà quella dalla quale si attendono i maggiori flussi

Il flop di Di Maio, gli scafisti e le Ong: la "bomba" migranti in arrivo dalla Libia

Non accennano ad arrestarsi gli arrivi dei migranti via mare che, con partenza dalla sponda opposta del Mediterraneo, arrivano nelle coste italiane. I numeri degli sbarchi sono sempre più importanti e questo fa pensare che, nel più breve periodo, si assisterà a nuovi fenomeni che non conosceranno sosta. Quella che si prevede sarà un’estate caratterizzata da flussi migratori che avranno provenienza dalla Libia. Già perché la Libia è quella Nazione che storicamente ha dato maggiori grattacapi all’Italia per via dei suoi numerosi barconi che approdano nel nostro Paese. E intanto è stato reso noto un report dei servizi di sicurezza secondo cui sarebbero in ventimila i migranti pronti a partire dalle coste libiche.

I dati della Libia negli ultimi anni

Facendo qualche passo indietro possiamo soffermarci all’anno 2015. In questa data i migranti provenienti dalla rotta del Mediterraneo centrale sono stati 153.900. Un numero assai preoccupante che poi ha avuto una battuta d’arresto nel 2018 arrivando a 22.900 persone. Molti di questi migranti sono partiti proprio dalla Libia. In questo contesto occorre fare una precisazione: dalla Libia partono i barconi, quindi questo vuol dire che ad affrontare i viaggi della speranza non sono prettamente persone di origine libica. Anzi, sono molto pochi i cittadini libici che mirano ad arrivare in Italia. Gran parte dei migranti ha origine subsahariana. La maggior parte delle partenze dalla Libia hanno come punto di riferimento la Tripolitana, ovvero quella zona compresa tra Il confine tunisino e che si estende fino alla cittadina di Al Khums, a 50 km ad est di Tripoli. Si tratta di un punto strategico a livello logistico perché le località sopra citate, si trovano a circa 300 km da Lampedusa ed in una posizione che permette a molti barconi di imboccare la via verso il canale di Sicilia.

L’allarme Onu

A dare conferma circa la possibilità di prossimi ed importanti arrivi di migranti che partono dalla Libia è il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per la Libia, Yacoub El Hillo. Quest’ultimo ha infatti affermato che ci sono più di 654.000 migranti rifugiati nel territorio libico. Molti di loro, sempre in base a quanto raccontato da El Hillo, “affrontano detenzione arbitraria, violenza di genere, lavoro forzato, estorsione e sfruttamento”. Nonostante gli effetti della pandemia il traffico dei migranti e la tratta degli esseri umani non si è mai fermata facendo registrare l’arrivo dei migranti lungo le coste italiane. Vi è stato solamente un rallentamento nella fase clou, ma subito dopo i momenti di emergenza (tra aprile e maggio), in Italia i migranti sono arrivati in diverse centinaia. Dall’inizio del gennaio 2020 ad oggi, come si legge sul sito del ministero dell’Interno, sono 5. 472 le persone approdate in Italia “via mare”. Un dato che fa pensare ad un boom durante l’estate e che si contrappone nettamente al 2019: anno in cui sono arrivate in totale “soltanto” 1.878 persone.

Militari

Il ruolo delle Ong

A differenza che nella tratta tunisina, caratterizzata dalla presenza di navi madri e barconi che poi giungono autonomamente in Italia, la rotta libica è contrassegnata anche, tra le altre cose, dall’attività delle Ong. Così come descritto su IlGiornale.it nei giorni scorsi, le Ong attualmente sono ferme ma sono al contempo pronte a ripartire. Se le navi Alan Kurdi ed Aita Mari appaiono sotto sequestro dopo il loro sbarco a Palermo a metà aprile, la Sea Watch 3 potrebbe essere la prossima a tornare in mare, Ocean Viking e Mare Jonio, rispettivamente delle Ong Sos Mediterranée e Mediterranea Saving Human, potrebbero seguire a ruota. Sarà quindi interessante capire se la ripresa delle attività delle organizzazioni inciderà o meno sui flussi dalla Libia nelle prossime settimane.

Scafisti di nuovo all’opera

Occorre poi ricordare che la Libia è un Paese in guerra e le dinamiche del conflitto influiscono direttamente sull’evoluzione dei flussi migratori. A destare maggiore preoccupazione in tal senso, è quanto sta accadendo lungo la costa ad ovest della capitale Tripoli. Qui ad aprile sono tornate ad avanzare le milizie ricollegate al Gna, ossia al governo guidato dal premier Fayez Al Sarraj. Grazie soprattutto all’apporto della Turchia, oramai principale alleato dell’esecutivo stanziato a Tripoli, le forze filo Al Sarraj hanno ripreso il controllo di Sabratha, una delle città costiere più importanti in mano, fino allo scorso 12 aprile, all’esercito guidato dal generale Haftar.

Come documentato su InsideOver, il ritorno delle milizie del Gna in questa località ha permesso anche il rientro di alcuni esponenti di famiglie e clan in passato impegnati nel traffico di esseri umani. A spiccare in particolar modo è la tribù degli al Dabbashi, il cui principale esponente, ossia Ahmed al Dabbashi, è stato rivisto a Sabratha ad aprile poco dopo l’ingresso del Gna in città. In passato è stato proprio lui, secondo diversi report anche delle Nazioni Unite, ad avere un ruolo chiave nel macabro business degli esseri umani. Buona parte della sua potenza politica ed economica a Sabratha, è derivata proprio dagli enormi proventi del traffico di migranti.

Partenze

Per dare un’idea del ruolo di Ahmed Al Dabbashi, conosciuto non a caso con il soprannome di “Al Ammu”, ossia “Lo zio”, un reportage della Reuters nell’autunno del 2017 ha svelato come parte dei fondi elargiti dall’Italia alla Libia per il contrasto all’immigrazione clandestina sarebbero finiti nelle tasche proprio del trafficante. Tanto che, all’interno della stessa Sabratha, Al Dabbashi ha iniziato ad essere nel mirino di clan rivali attratti dai soldi piovuti dall’altra parte del Mediterraneo. Questo ha portato ad una faida in cui Al Ammu è rimasto sconfitto ed è stato costretto a lasciare la città. Il suo ritorno quindi non suona affatto come una buona notizia.

Sabratha è però soltanto un esempio: anche a Sorman ed in altre località poste nella parte più occidentale della Tripolitania le ultime dinamiche del conflitto potrebbero aver dato maggior potere a scafisti e trafficanti. Negli ultimi mesi il baricentro del traffico di migranti si è spostato ad est di Tripoli, soprattutto tra le città di Garabulli e Khoms: è da qui che sono partiti buona parte dei barconi destinati all’Italia dalla Libia. La possibilità che le organizzazioni criminali possano adesso tornare ad operare anche ad ovest di Tripoli, da Sabratha in primis, potrebbe significare un ulteriore aumento del numero dei migranti diretti nel nostro Paese. C’è poi anche da considerare, sempre con riferimento alla guerra in Libia, che diverse milizie gestiscono decine di campi profughi illegali in cui, stando agli ultimi report, potrebbero trovarsi almeno dodicimila migranti in attesa di essere spostati lungo la costa ed imbarcati dunque verso la Sicilia e l’Italia.

Il contesto politico

A questo, occorre poi aggiungere anche una situazione politica non proprio rosea al momento lungo l’asse tra Roma e Tripoli. L’Italia, dopo essere stata principale alleata del governo di Fayez Al Sarraj, adesso sembra avere un peso sempre più ridimensionato nel dossier libico. Il governo stanziato a Tripoli ha trovato nella Turchia il suo principale partner, con il nostro Paese sempre più ai margini soprattutto in Tripolitania. E questo potrebbe spingere l’esecutivo di Al Sarraj a non giudicare più come prioritario il controllo delle coste ed anzi, al contrario, ad usare questo tema come una vera e propria arma politica.

Anche perché da Tripoli non hanno gradito negli ultimi mesi le mancate condanne alle azioni di Haftar da parte dell’Italia, con il sospetto sempre più aleggiante nell’ovest della Libia che da Roma si voglia provare un ulteriore avvicinamento verso il generale leader del Libyan National Army. Nei giorni scorsi il premier Al Sarraj ha sentito telefonicamente il presidente del consiglio Giuseppe Conte, chiedendo non a caso maggior impegno nel sostegno alla Guardia Costiera libica. Un modo, molto probabilmente, per chiedere altri soldi al governo italiano o comunque un sempre maggiore appoggio contro Haftar, mettendo dunque in guardia circa le conseguenze di altre e più gravi impennate nel numero delle partenze dalla Libia.

I nuovi dossier che preoccupano l’Italia

Oltre agli elementi sopra descritti, ci sono poi i vari report dei servizi di sicurezza che aggiornano costantemente la situazione al di là del Mediterraneo. Anche in questo caso, le circostanze paventate non possono permettere di far dormire sonni tranquilli. Secondo i servizi segreti infatti, così come anticipato in un articolo del Corriere della Sera, sarebbero almeno ventimila i migranti assiepati lungo le coste libiche e pronti a partire.

Una cifra che potrebbe addirittura essere approssimata per difetto. I recenti sviluppi prima raccontati del conflitto, hanno anche peggiorato la situazione, con sempre più gente proiettata verso i porti libici e con i trafficanti di esseri umani pronti a spingere con il loro macabro business. L’ultimo report dei servizi ha anche innescato una nuova polemica politica sull’immigrazione. Si è infatti registrato l’intervento, tra gli altri, dell’ex ministro dell’interno Matteo Salvini: “I nostri servizi segreti lanciano l'allarme invasione, con almeno 20mila immigrati pronti a partire per l'Italia - ha dichiarato il leader del carroccio - Questo senza dimenticare la sanatoria nel caos, con l'ombra del racket pronto a comprare e offrire documenti, i porti spalancati alle Ong, l'aumento delle spese per l'accoglienza, con numerose questure che segnalano irregolarità e anomalie”.

E non c’è soltanto il dossier dei nostri 007 a preoccupare. Nelle ultime ore, anche le Nazioni Unite hanno sottolineato come in Libia la situazione sul fronte migratorio sia drammatica, visto che almeno sedicimila cittadini libici sono rimasti sfollati a seguito delle ultime intense battaglie che hanno avuto come scenario diverse località della Tripolitania. “Le recenti operazioni militari nella Grande Tripoli e Tarhuna hanno portato a nuove ondate di fuga e sofferenza per oltre 16 mila libici negli ultimi giorni”, si legge in un report dell’Unsmil, la missione Onu in Libia. Anche tra i più recenti sfollati potrebbero esserci centinaia di persone che vorrebbero provare la traversata del Mediterraneo.

Anche i libici potrebbero partire

L’allarme sugli sfollati lanciato dalla missione Onu in Libia, potrebbe presagire l’apertura di un altro fronte migratorio. Potrebbero infatti aumentare i cittadini libici che hanno come obiettivo quello di raggiungere l’Italia. Un fenomeno quest’ultimo, come sottolineato in precedenza, piuttosto limitato visto dal Paese nordafricano storicamente sono i migranti di origine subsahariana a salpare alla volta dell’Europa.

Fenomeno raro ma non del tutto sconosciuto dalle nostre autorità: a dicembre ad esempio, il sindaco di Pozzallo Roberto Ammatuna ha sottolineato l’atipicità di un approdo da lui accertato nel porto della sua cittadina. In particolare, nello scorso mese di dicembre alcuni migranti a bordo della Alan Kurdi sono arrivati all’interno dello scalo siciliano ed il primo cittadino ha notato alcuni dettagli non indifferenti: “Non c’è dubbio alcuno che lo sbarco sia stato atipico – ha dichiarato allora Ammatuna – non aveva nulla a che fare con le decine di migliaia di immigrati che abbiamo accolto in questi anni. Da quelle navi è sempre scesa gente disperata, sporca, con addosso i segni delle torture. Gli immigrati sbarcati ieri erano vestiti bene, abbastanza puliti e non affetti da scabbia”. Erano cioè cittadini libici fuggiti da Tripoli, città dove in quel momento stavano arrivando i miliziani filoturchi inviati da Erodgan nell’ambito del patto stretto con il governo di Al Sarraj poche settimane prima.

Un segno di come il “tabù” riguardante i libici oramai era divelto: anche i cittadini del Paese nordafricano hanno iniziato ad emigrare e l’estate del 2020 potrebbe presentare all’Italia un’altra non indifferente grana.

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