La nave Sea Watch 3 sta lasciando Lampedusa, quando i vertici dell'ong tedesca lanciano una nuova sfida allo Stato italiano e all'Unione europea. In risposta alla decisione della procura di Agrigento di mettere sotto sequestro l'imbarcazione, dopo che la comandante Carola Rackete ha fatto sbarcare con la forza i migranti recuperati al largo delle coste libiche, vogliono infatti mettere in mare, al più presto, un altro natante "per la ricerca e il soccorso di migranti in difficoltà nel Mediterraneo".
A distanza di un anno, da quando Matteo Salvini ha chiuso i porti italiani, le ong stanno riprendendo l'assalto delle nostre coste. Nei giorni scorsi, la nave "Alan Kurdi" della tedesca Sea Eye e la "Open Arms" dalla spagnola Proactiva Open Arms hanno infatti ripreso a pattugliare il Mar Mediterraneo e hanno già effettuato la prima operazione di recupero che gli ha permesso di portare una quarantina di immigrati a Lampedusa. In queste ore, poi, si è aggiunta anche Mediterranea Saving Humans che, non potendo usare la Mare Jonio, da settimane sotto sequestro al porto di Licata, ha deciso di rimettere in mare la propria barca di appoggio, la "Alex", che, pur non essendo attrezzata per le operazioni di "search and rescue", raggiungerà l'area "Search and rescue" (Sar) libica per affincare le altre imbarcazioni che si trovano sul posto.
Lo stop dei giudici non sembra fermare nemmeno la Sea Watch. Questa mattina la grossa imbarcazione da 600 tonnellate, capitanata nei giorni scorsi dalla comandante Rackete, ha mollato gli ormeggi e, scortata dalle motovedette della Guardia di Finanza, ha raggiunto il porto di Licata (in provincia di Agrigento) dove resterà sotto sequestro per consentire ulteriori accertamenti tecnici della procura. "Continueremo a fare in modo che siano rispettati i diritti umani nel Mediterraneo, se necessario con una nuova nave se la nostra (Sea Watch 3, ndr) resta ancora sotto sequestro", ha detto Ruben Neugebauer, uno dei responsabili dell'organizzazione, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta a Berlino. La Sea Watch e le altre organizzazioni non governative hanno raccolto "oltre un milione" di euro per coprire le spese legali di Rackete. "Ora - ha dichiarato Neugebauer - abbiamo l'appoggio finanziario necessario per continuare a lavorare".
Al Viminale l'imput è di mantenere la linea dura. "Open Arms è una nave spagnola e se cercherà di entrare nelle acque italiane avrà lo stesso trattamento della Sea Watch", ha messo in chiaro Salvini. Lo stesso discorso vale anche per tutte le altre ong che si sono rimesse i mare. Per questo è al vaglio anche un pacchetto di emendamenti al decreto Sicurezza bis per stringere ulteriormente i cordoni. "Dobbiamo fare in modo che le navi che provocano il nostro Paese, compromettendo anche la sicurezza delle nostre forze dell'ordine com'è accaduto in questi giorni, restino in dotazione allo Stato italiano", ha spiegato il leader leghista nelle scorse ore.
"Se entri nelle nostre acque violando la legge - ha proseguito - perdi definitivamente l'imbarcazione, senza attenuanti e multe che incidono ben poco". Se poi le forze armate, la capitaneria o i corpi di polizia lo vorranno, il vice premier è anche disposto a dar a loro le navi confiscate.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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