Quarantotto anni, serbo, sul capo una condanna in primo grado a 6 anni e sei mesi. È questo l'identikit del narcos che ha trascorso 17 mesi in carcere a Milano, catturato con un mandato d'arresto europeo alla frontiera slovena nel 2012 e poi spedito in Italia a scontare la pena. O almeno dovrebbe essere questo, perché in carcere è finito un uomo che con i fatti che gli venivano contestati non c'entrava nulla.
Il nome e cognome, Ivan Bozovic, coincidevano. Persino la data di nascita, scrive il Corriere. Il problema è che tutto il resto non tornava. Le autorità italiane cercavano un narcotrafficante serbo. Peccato che l'uomo che hanno messo in carcere avesse passaporto croato. Peccato anche che l'unica prova su cui si siano mosse fosse un numero identificativo usato per attivare i telefoni cellulari. E così in cella è finito per oltre un anno il figlio del procuratore della Repubblica di Sarajevo.
Ora la Corte d'appello
ha dovuto risarcire l'uomo, a cui andranno 130mila euro per il clamoroso errore commesso dalla giustizia. Molti meno comunque dei 300mila che voleva la difesa, per ripagare - almeno pecuniariamente - un anno da detenuto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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