Minzolini a Strasburgo: "Violato giusto processo"

Augusto Minzolini (FI) ha presentato ricorso davanti alla corte europea dei diritti dell’uomo lamentando la "violazione del giusto processo" riguardo al caso della carta di credito usata in Rai

Augusto Minzolini durante la manifestazione di presentazione dei candidati del Pdl
Augusto Minzolini durante la manifestazione di presentazione dei candidati del Pdl

Una carta di credito concordata con l’azienda. Un uso in buona fede, la lettera dell’allora direttore generale della Rai Mauro Masi al consigliere Rizzo Nervo in cui nero su bianco si scrive: "la conclusione a cui sono giunto è che, allo stato Minzolini abbia sempre rispettato le regole", la carta è un "benefit compensativo" per il contratto in esclusiva, in linea con quanto "regolarmente avviene sul mercato". E un’altra lettera dello stesso Masi in cui si ammette anche la "mancanza di chiarezza nella governance aziendale in materia". Poi, la restituzione delle somme contestate che non ha evitato il penale, con un processo che ha "violato" le regole. Soprattutto in appello, dove un "avversario politico" si è seduto nel collegio che ha stabilito due anni e sei mesi di reclusione e dunque la decadenza, alla luce della legge Severino, dall’incarico di senatore. C’è tutto questo nel ricorso che Augusto Minzolini (FI) ha presentato davanti alla corte europea dei diritti dell’uomo e che depositerà alla giunta per le elezioni e le immunità di Palazzo Madama che sulla sua decadenza da senatore deve votare. È lì che ha già denunciato la vicenda "kafkiana" in cui è stato coinvolto e che ha annunciato, qualunque sarà la decisione dell’Aula, di voler abbandonare l’incarico svolto, per proseguire con maggiore libertà la sua battaglia.

Difeso dal professor Federico Tedeschini, Minzolini che ha anche chiesto alla Giunta del Senato la remissione in via preliminare alla corte di giustizia dell’Unione europea) denuncia alla Cedu la violazione dei pricipi che regolano il giusto processo, garantito dall’articolo 111 della Costituzione, con la ’reformatio in pejus’ della sentenza di primo grado avvenuta senza aver riascoltato i testimoni. Denuncia la presenza di "un palese avversario politico" nel collegio che ha ribaltato l’assoluzione. Circostanza, questa, che "anche al di là delle effettive intenzioni e del ruolo svolto dal quel giudice" si concreta "in una violazione chiara e manifesta" del principio per cui ogni persona "ha diritto che la sua causa sia esaminata da un tribunale indipendente e imparziale". Il fatto è, spiega il ricorso, che il giudice Gianluca Sinisi è stato sindaco con il Ppi, deputato, sottosegretario durante il primo governo Prodi e il primo D’Alema, poi al Senato con l’Ulivo, lo schieramento opposto a quello al quale Minzolini, senatore dal 2013, ha aderito. Nel ricorso si punta il dito anche sul fatto che nessuno può essere condannato per un’azione e o un’omissione che non costituisce reato al momento in cui viene commessa e sul fatto che la pena deve essere proporzionata al fatto contestato.

Per tutto questo si chiede alla Corte di condannare l’Italia a rimuovere i pregiudizi di una decisione ingiusta e si aspetta la pronuncia del Senato che potrebbe attendere Strasburgo prima di arrivare ad una sua determinazione.

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