"Storie assurde...". Harakiri Murgia: stavolta finisce malissimo

Michela Murgia e Chiara Tagliaferri accusate di "linguaggio transfobico" dopo aver trattato in un podcast la vicenda dei fratelli Wachowski, registi di "Matrix"

"Storie assurde...". Harakiri Murgia: stavolta finisce malissimo

Persino la paladina indiscussa della correttezza politica, Michela Murgia, è finita a sua volta vittima del neopuritanesimo politically correct. Perché a forza di lanciare il messaggio che tutti possono sentirsi offesi per qualunque cosa e le minoranze sono le avanguardie della storia, è un attimo incappare nel trappolone del politicamente corretto. In un'era in cui occorre misurare attentamente ogni singola parola, Michela Murgia - sì, colei che ha "sdoganato" lo schwa - è riuscita a far arrabbiare - e non poco - gli attivisti transgender. Come riportato da Vigilinaza Tv, ripreso da Dagospia, le offese all'indirizzo della scrittrice sono piovute a seguito di una puntata del podcast Morgana, a cura di Murgia e Chiara Tagliaferri, dove si era parlato della vicenda di Lana e Lilly Wachowski, registe e produttrici di Matrix, nati Larry e Andy prima di cambiare sesso. Murgia e Tagliaferri sono state accusate sui social prima di "misgendering" - avendo impiegato sia le desinenze maschili sia quelle femminili rivolte a Lana e Lilly Wachowski - nonché di "deadnaming," ovvero di aver utilizzato i loro nomi maschili prima del cambio di sesso. Un linguaggio "transfobico" a tutti gli secondo il nuovo vangelo del politicamente corretto.

Murgia accusata di "transfobia" sui social

Dure le critiche sui social all'inidirizzo della scrittrice: "Durante tutta la puntata il deadnaming si alterna all’uso dei nomi Lilly e Lana, rendendo il tutto molto confusionario per una persona (tipo me) che le ha conosciute già con i nomi femminili che portano oggi. Lana si è espressa in maniera molto coincisa e puntuale riguardo al deadnaming (che definisce come un "awkward bridge between identities") e al misgendering, nel suo discorso per il HRC Visibility Award del 2012" si legge fra i commenti.

E ancora: "Le storie sono assurde. Il deadname non si usa, i pronomi passati neanche, e la ? non c’entra nulla. E tu avresti dovuto insegnarlo ai migliaia di spettatori che hai, invece hai preferito allinearti ai media che commettono un errore che poi si ripercuote su noi persone trans. Ci chiedono il deadname tutti i giorni, usano i pronomi che preferiscono perché "si sbagliano” o "sui giornali dicono così e passano da un pronome all’altro" o “ci confondete perché siete confusi voi". Questa non è informazione, è stato un massacro per le centinaia di migliaia di persone trans in Italia, ma d’altra parte probabilmente non t’interessa". Un deciso passo falso per la scrittrice che tanto piace ai progressisti.

La difesa d'ufficio della paladina dello "schwa"

Dal canto suo, Michela Murgia ha replicato alle critiche sottolineando di "aver discusso molto di come scrivere questa puntata e anche di come pronunciarla, per esempio se con o senza schwa, per evitare la riduzione al binarismo. Sapevamo che qualunque scelta sarebbe stata problematica". Certo, sarebbe stato piuttosto divertente ascolaltare le due autrici alle prese con lo "schwa": probabilmente loro stesse si sono rese conto che ciò avrebbe reso la comprensione del testo praticamente impossibile. Per quanto concerne invece il politicamente corretto, Murgia dovrebbe sapere che è un fenomeno che non si pone limiti.

Atomizza la società in minoranze particolari, in continua competizione fra loro, alla ricerca di ogni possibile rivendicazione e di diritto da invocare. In questa prospettiva, non c'è libertà di pensiero ma un linguaggio codificato da rispettare pedissequamente.

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