"Noi poliziotti eroi silenziosi: chi ci disprezza deve tacere"

La lettera su Facebook di un poliziotto: "Siamo umili professionisti al servizio degli agenti"

"Noi poliziotti eroi silenziosi: chi ci disprezza deve tacere"

Siamo fatti così, eh. Non dobbiamo stupirci. Anzi: sono fatti così. Quelli che una divisa non l'hanno mai indossata e ne vanno fieri. Quelli che la sola idea di lodare un membro delle Forze dell'Ordine gli provoca un'orticaria irresistibile. Quelli sempre pronti a difendere i "bravi ragazzi che manifestano" contro i "cattivi poliziotti che manganellano".

Lo sappiamo tutti, non c'è bisogno di ripeterlo. Alla fine è sempre colpa di chi indossa la divisa. E così anche quando due agenti della polizia hanno freddato a Sesto San Giovanni Anis Amri, il macellaio jihadista di Berlino, il coro di ringraziamento non è stato unanime. Subito si sono scaldati la mano scribacchini pronti a mettere in dubbio il lavoro di Cristian e Luca. Il ritornello è stato il seguente: non sono eroi, hanno fatto il loro dovere e sono pagati per questo. Difficile rispondere quando il ragionamento appare così sciocco. Difficile ribattere. E invece c'è riuscito magistralmente un poliziotto, Vincenzo D'Accio', con un post su Facebook.

"Ho letto cose incredibili, mirabolanti visioni su quello che è o non è un poliziotto - scrive D'Accio' - saccenti dissertazioni sull'assurdo concetto che se un poliziotto (o comunque un uomo in divisa) salva una vita è normale perché è pagato per farlo, mentre se lo fa un 'cittadino normale' è un eroe". Due pesi e due misure. E invece i gli agenti sono "eroi silenziosi", "professionisti al servizio del cittadino" che fanno tanto con poco clamore. Perchè "entrare in due in una casa dove sono minimo in cinque che se le stanno suonando di santa ragione" e "riuscire a portare la situazione alla calma senza che nessuno si faccia male, per me è missione da eroi"; perché "sedere per più di due ore al tavolo con un anziano che rimasto solo, rassicurarlo, strappare un sorriso e poi andarlo a trovare nei giorni seguenti diventandone amico, per me è missione da eroi"; perché "convincere una donna maltrattata a denunciare il suo carnefice" è indubbiamente "una missione da eroe"; perché "ascoltare un minore picchiato e abusato, mantenendo la calma fargli una carezza, ricevere un suo disegno e rivedere il sorriso nei suoi occhi, per me è missione da eroe". E lo è anche "ascoltare per ore le telefonate di gente malata", "sedare una rissa da cui tutti scappano sempre in numero sicuramente inferiore rispetto ai partecipanti", "entrare in case che bruciano o che crollano, incuranti di quello che accade solo per verificare che dentro non ci sia nessuno", "strappare di mano un coltello od una lametta a chi ha deciso di salutare questa vita" e "scortare in ogni momento e ogni luogo chi è minacciato costantemente da mafie di ogni genere".

Ecco. Eroi di tutti i giorni. "Mi fermo qui - continua Vincenzo - ma potrei continuare all'infinito perché tutto quello che ho scritto, solitamente, avviene in un normale turno in quinta di una qualsiasi volante di una qualsiasi città d'Italia ma... non ne leggo mai notizia". Mai un ringraziamento. Mai un riconoscimento da chi è invece sempre pronto a sottolineare i difetti. "Forse sta tutto qui l'errore - afferma affranto -: nel non raccontare quotidianamente di quanta umanità e dignità profuma questa gente in divisa, dove magari è vero non tutti son santi ma nemmeno sono tutti furfanti".

Chi parla non sa che ogni qual volta un poliziotto sente la sirena suonare pensa al collega pregando per lui finisca tutto bene.

"Chi non ha mai provato - conclude Vincenzo - dovrebbe avere il buon senso o quanto meno la decenza di tacere e accettare che ogni giorno una sorta di esercito di eroi silenziosi, indossando una divisa troppe volte oggetto di disprezzo, cerca di rendere un po' più vivibile il posto in cui viviamo. Che vi piaccia o no!".

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