"Non c'è onore più grande di servire un Paese". Sono queste alcune delle parole con cui il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha scelto di incidere la cerimonia che si è tenuta alla stazione Termini per ricordare il giorno in cui il treno con a bordo la salma del Milite Ignoto arrivò a Roma. Era il 1921. Quel treno partito da Aquileia aveva mosso l'intero Paese: un popolo che in silenzio e compostezza onorava la memoria di quel soldato caduto in guerra, "senza nome, ma non senza una storia" come ha detto Crosetto, e con esso ricordava tutti coloro che avevano sacrificato la propria vita per il Paese.
La memoria della Grande Guerra, quando l'Italia realizzò davvero il suo processo di unificazione attraverso il terribile sacrificio di intere generazioni, assume ogni anno un valore diverso. Negli ultimi anni, il processo di analisi e di sedimentazione della memoria collettiva sembra avere preso sempre più piede, cementando un sentimento di unità che non è sempre scontato quando si tratta di ricordare eventi del passato. Il confine tra patriottismo e nazionalismo risulta spesso labile in certi contesti. E anche il ricordo di ragazzi, migliaia, morti al fronte, in una guerra "grande" ma a molti anche sconosciuta, lontano dal proprio mondo e dai propri cari, non è stato spesso celebrato in maniera degna rispetto al loro sacrificio. Il dibattito politico, con il suo volume alterato, squilibrato, e a volte anche superficiale, ha molte volte silenziato un giorno che solo di recente è tornato ad assumere il senso che merita. Non più festivo, ma di festa, il 4 Novembre, un tempo giorno della Vittoria, oggi dell'unità nazionale e delle Forze Armate, è stato rimesso al centro di un discorso collettivo di unità nazionale e memoria condivisa. Perché su quelle montagne, nelle trincee, sui fiumi e in mare sono cadute persone comuni, giovanissimi e non giovanissimi, parenti, amici, e padri di tutte le famiglie, senza distinzione ideologica o di provenienza. Una memoria quindi necessariamente comune e capillare, che diventa così "identità".
Lo ha spiegato anche il ministro alla Cultura, Gennaro Sangiuliano, che alla stazione Termini, di fronte a quel treno che unì il Paese, ha affermato che "se noi abbiamo la capacità, anche in piccole cose, di coltivare la nostra memoria e il nostro passato questo è il cemento di tutti i nostri valori". Valori ribaditi anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nel messaggio per questa giornata ha reso onore alle Forze Armate "che, con la loro dedizione e il loro contributo, hanno consentito all'Italia di divenire uno Stato unito, libero e democratico", ricordando la "grande prova per i tanti che, provenienti da ogni angolo del Paese, affratellati sotto il Tricolore, con coraggio ed eroismo portarono a compimento il sogno risorgimentale, ricongiungendo Trento e Trieste alla Nazione". Sulla stessa linea Giorgia Meloni, che al termine della cerimonia all'Altare della Patria, ha detto ai cronisti presenti che quello di oggi "è un momento che unisce e un momento che ci unisce a tutte le persone che per difenderci e per la nostra libertà, si sono sacrificate".
Un giorno emotivamente complesso, di festa ma anche di ricordo. La celebrazione dei caduti va di pari passo con quella di chi oggi indossa un'uniforme. Dal sacrario di Redipuglia al treno del Milite Ignoto, dall'Altare della Patria al Lungomare Nazario Sauro di Bari - dove è giunto Mattarella - la memoria non è solo storica ma appunto condivisa, identità di un Paese che sembra ancora bisognoso di valori e ricordi che non siano lacerati dal conflitto ideologico. Il 4 Novembre rappresenta anche questo. Un passaggio fondamentale nel ricordo di un passato che non significa esaltazione della guerra, nostalgia o rivalsa, ma di chi, più di un secolo fa, combatteva e moriva lontano da tutti i suoi cari sacrificando se stesso per un bene più grande. E che ha unito tutti: nella tragedia ma anche nella speranza. Tanti non tornarono mai più nelle loro case, tanti, pur vivi, fu come se non fossero mai tornati, con la mente rimasta lì, nelle trincee o sul mare, traumatizzati da eventi che oggi non saremmo forse in grado di comprendere. Altri si aspettavano un riconoscimento che l'Italia non fu in grado di dargli. Molti semplicemente cercarono di rimuovere l'orrore vivendo una vita "normale".
La Grande Guerra lasciò ferite profonde: il ricordo non serve a farle rivivere, ma a celebrare il risultato di tutto quello, il sacrificio, e chi oggi, nelle Forze Armate, è erede di quelle generazioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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