"Era turbato". E per il magistrato indagato non c'è illecito

Un magistrato sotto inchiesta ha la possibilità di accedere ai propri atti se si trova in uno stato di evidente turbamento. Ecco l'assurda sentenza con cui viene concesso questo privilegio

"Era turbato". E per il magistrato indagato non c'è illecito

È brutto chiamarla "casta", ma i magistrati hanno privilegi che non sono concessi ai comuni mortali. È un dato di fatto avvalorato da numerose sentenze che consentono loro di "sfangarla" anche se coinvolti direttamente in un procedimento disciplinare. La più clamorosa risale, nientemeno, che al 2001 (numero 154) ed è venuta a galla grazie alla ricerca certorisna dell'onorevole Enrico Costa, Vicesegretario di Azione. Sembra impossibile ma un magistrato indagato ha la possibilità di andare in cancelleria, prendere gli atti che lo riguardano e poi restituirli se si verifica una particolare condizione. Quale? Se è "turbato", scosso, agitato. In quel caso, tutto gli sia concesso.

Cosa dice la sentenza

Non soltanto, quindi, può prendere gli atti per sapere a che punto è la sua condanna (sembra fantascienza), ma può farlo per tutto il tempo che gli occorre: può leggere e fotocopiare con calma, non c'è problema. Poi può tornare in cancelleria e restituire il faldone. Ma come è possibile? Evidentemente, in Italia è possibile. "Non integra l'illecito disciplinare nell'esercizio delle funzioni della grave scorrettezza nei confronti dei colleghi il comportamento del Sostituto procuratore che acquisisce copia degli atti di un procedimento che lo riguarda avvalendosi delle relazioni di ufficio con il personale di cancelleria laddove tale condotta sia stata posta in essere in uno stato di evidente turbamento che ha portato a una scarsa ponderazione dell'agire a cui, però, è seguita la restituzione delle carte, circostanza che escludono la sussistenza del requisito della gravità della condotta", recita il testo della sentenza pubblicata da Libero.

Quelle "relazioni d'ufficio"

Qui ci sono alcuni passaggi chiave: all'inizio della sentenza c'è scritto che "non integra l'illecito", cioé la sua posizione non viene aggravata, non la integra se il magistrato acquisisce gli atti. Il buonsenso direbbe l'esatto opposto: in un'evidente situazione di conflitto di interessi, il togato non dovrebbe assolutamente accedere al suo fascicolo, così come è ovviamente vietato a un comune cittadino. La parte che fa sorridere, poi, riguarda "l'evidente turbamento": in pratica, siccome un togato è "turbato" da quello che gli sta capitando, gli sia concessa la possibilità di violare il segreto d'indagine dando una piccola occhiata agli atti che lo riguardano. È molto significativa anche la parte in cui il magistrato può "avvalersi delle relazioni d'ufficio con il personale di cancelleria": in pratica, il cancelliere che conosco ed è amico mio, vedendomi turbato, mi dà una mano passandomi informazioni riservate. Infine, la chicca: siccome poi il magistrato si impegna a restituire le carte, la circostanza ha escluso "la sussistenza del requisito della gravità della condotta".

Le sentenze più clamorose

Il quotidiano ha pubblicato una rassegna, o meglio dire carrellata, anche di altre sentenze e decreti che proteggono in tutti i modi i magistrati ma anche le loro famiglie. Infatti, la 215 del 2019 protegge la moglie del togato se il marito chiede informazioni a chi sta eseguendo le indagini per un procedimento penale in cui è coinvolta la dolce metà. Anche in questo caso, la parola chiave è sempre la stessa: "non integra l'illecito disciplinare la condotta del giudice...". La domanda sorge spontanea: cosa succede se invece di essere moglie è convivente o fidanzata?

Non è finita qui: la sentenza numero 10/2019 consente al pm di minacciare l'indagato e il proprio avvocato dicendo loro di non avere speranze e che, se vogliono, possono abbandonare. La numero 87 del 2019 è altrettanto comica: se un magistrato viene sorpreso a guidare ubriaco, la sua immagine ne uscirà pulitissima. "Non integra l'illecito disciplinare... la condotta del giudice che sia stato condannato per guida in stato di ebbrezza laddove le circostanze del caso concreto inducano a ritenere che il fatto sia di scarsa lesività e che non vi sia stata in concreto alcuna compromissione dell'immagine". La sentenza successiva, la numero 88, dà la possibilità al togato di essere "disattento" e mandare in tribunale qualcuno che non ha commesso alcun reato. "Non integra l'illecito disciplinare il sostituto procuratore che... abbia incluso imputazioni riferite a una fattispecie non ancora entrata in vigore al momento della commissione del fatto laddove, valutata la complessità dell'atto redatto, si possa riconoscere il carattere della mera disattenzione e, dunque, l'assenza della gravità".

Nessuna condanna

Infine, un magistrato può lasciare in carcere qualcuno se non ha la premura di depositare l'ordinanza di scarcerazione semplicemente perché non ha tempo e non ci va: sulla sentenza si parla di "impedimenti gravissimi" che abbiano "precluso al magistrato di assolvere il dovere di garantire il diritto costituzionale alla libertà personale, quali una grave debilitazione fisica del magistrato e una situazione familiare critica, fonte di preoccupazione e di impegno per l'interessato".

Insomma, per gravi motivi familiari, il cittadino può continuare a farsi giorni di carcere anche se dovrebbe già trovarsi in libertà, anche in questo caso il magistrato è giustificato. Il Csm, in pratica, in quali casi può davvero condannare un magistrato che, semplicemente, sbaglia come ogni altro essere umano? Non si sa.

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