Trentacinque anni fa cadeva il Muro di Berlino, era il 1989, duecento anni dopo la rivoluzione francese. Crollavano uno ad uno i regimi comunisti, i popoli dell'Europa dell'Est riacquistavano la libertà.
Una risoluzione votata a larga maggioranza dal Parlamento europeo, il 19 settembre 2019, ha equiparato comunismo e nazismo affermando altresì che, dopo Norimberga, «vi è ancora un'urgente necessità di sensibilizzare, effettuare valutazioni morali e condurre indagini giudiziarie in relazione ai crimini dello stalinismo».
Il comunismo, pur presentandosi come il regime dell'eguaglianza, della pace, della fine degli egoismi, è stato in realtà una utopia totalitaria che ha causato decine di milioni di morti, campi di concentramento, repressioni e torture inaudite, privazioni della libertà e dei fondamentali diritti umani per centinaia di milioni di persone. Il problema del comunismo, come di tutte le ideologie totalitarie, era implicitamente ben riassunto nella relazione di Giorgio La Pira sui principi fondamentali della nostra Costituzione: ha messo la persona al servizio della ideologia, del partito, dello Stato. È qui che nasce la barbarie, quando ad ogni persona umana non si riconosce dignità.
Il regime comunista, insieme a quello nazionalsocialista, ai vari fascismi e alle teocrazie del Ventesimo secolo (e purtroppo anche del Ventunesimo), ha rappresentato la negazione del valore della persona.
In questo presenta affinità con un'altra utopia egualitaria, il giacobinismo, che pure ha generato terrore, violenze, morti.
Il 1989 segna anche il fallimento del comunismo come esperimento di una economia di Stato, sostanzialmente contrario alla proprietà privata e alle regole del mercato. Il crollo dei regimi comunisti avvenne anche per i mercati vuoti, e la povertà dilagante, insieme con la incapacità di reggere il passo con lo sviluppo tecnologico occidentale.
Eppure le aberrazioni del comunismo sono in gran parte ignote ai nostri giovani. Quanti di loro hanno mai sentito parlare dell'Holodomor, la strage di milioni di liberi contadini ucraini che non si piegavano ai diktat di Stalin; quanti dei gulag; quanti della atroce repressione di Budapest, giustificata a suo tempo persino da autorevoli esponenti politici italiani; quanti sanno cosa sia stato in Italia il triangolo della morte; quanti sanno che in nome del comunismo ancora negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso formazioni terroristiche hanno ucciso o ferito qualche centinaio di italiani: poliziotti, carabinieri, magistrati, personaggi politici, semplici cittadini? Il comunismo è stato la principale forza di opposizione per 40 anni anche nel nostro Paese.
Di certo l'intelligenza politica di Togliatti, l'indubbio contributo alla liberazione dell'Italia dal nazifascismo e la necessità di prendere atto della presenza di due blocchi ben distinti - quello occidentale, a cui apparteneva il nostro Paese, e quello orientale - hanno costretto il Pci non solo ad accettare le regole della democrazia, ma anche a contribuire alla nascita della nostra Costituzione. E va dato atto che il ruolo dei deputati comunisti in sede di assemblea costituente fu costruttivo e leale, anche se non mancò il rischio che nella nostra Carta venissero inserite norme che avrebbero potuto diventare il fondamento di una dittatura, come quella proposta da Togliatti e ricalcata sulla falsariga della costituzione Sovietica del 1936, per cui «tutte le libertà garantite dalla presente Costituzione debbono essere esercitate in modo che contribuiscano al perfezionamento della persona umana, in armonia con le necessità di rafforzamento e sviluppo del regime democratico e con il continuo incremento della solidarietà sociale»: già Lelio Basso vi vedeva il rischio di una formula che portava al totalitarismo. Oppure come quelle che miravano a che fosse consentita soltanto la proprietà dei beni di stretto uso personale, negando il collegamento fra proprietà privata e libertà individuale. Senza contare che Togliatti era originariamente contrario alla visione personalista, e cioè al primato della persona sullo Stato, che fu poi il tratto caratterizzante la nostra Costituzione.
Non dobbiamo abbassare la guardia verso qualsiasi rigurgito di neofascismo, che ha causato tragedie immani in Italia e in Europa, ma se vogliamo realmente che nel nostro Paese la cultura della democrazia, quella autentica, quella propria della tradizione occidentale, e la cultura della libertà e del rispetto verso la persona mettano radici solide e diffuse, non possiamo non analizzare cosa è stato anche il comunismo e quali rischi ancora comportino la mentalità e la cultura su cui si fonda.
È per questo che una legge dello Stato chiede alle scuole di celebrare il 9 novembre come giorno della libertà, di riflettere su cosa anche questa esperienza rivoluzionaria abbia realmente rappresentato per milioni di persone, sul marchio indelebile che quel totalitarismo ha impresso sul Ventesimo secolo e che ancora oggi contraddistingue alcune nazioni extra
europee. La conoscenza della storia, scevra da pregiudizi ideologici, è l'alimento indispensabile di una società che coltiva ogni giorno democrazia e libertà.Giuseppe Valditara
* Ministro dell'Istruzione
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