La svolta tanto attesa potrebbe essere davvero dietro l'angolo. E non solo perché i nuovi positivi alla variante Omicron sembrano diminuire in undici Regioni italiane come abbiamo visto ieri sul Giornale.it. Il motivo può essere anche un altro. "La bella stagione ci aiuterà", afferma infatti il dottore Fabio Ciciliano, componente del Comitato tecnico scientifico. Un po' perché si va incontro, lentamente, ad un clima diverso, un po' perché la pandemia sembra arrivata ad un picco dal quale inizierà la tanto sperata discesa.
La "gestione" dell'emergenza potrebbe cambiare dal primo aprile, quando in teoria l'Italia uscirà dallo stato di emergenza che scadrà il 31 marzo 2022. A quel punto, sottolinea Ciciliano al Messaggero, "sarà davvero il momento di avviarci alla normalità, a una gestione ordinaria della pandemia". Un paio di giorni fa si è sbilanciata anche l'Oms: "È plausibile che la regione Europa si stia avvicinando alla fine della pandemia", ha affermato il direttore dell'Organizzazione Mondiale per la Sanità in Europa, Hans Kluge.
"Ci avviamo alla normalità"
Secondo Pier Luigi Lopalco, epidemiologo dell’Università del Salento, siamo già entrati in una fase di endemia, cioé di convivenza con il virus ormai molto diverso da quello di due anni fa. "Non ha una valenza né positiva né negativa, ma tecnica. Certo, nessuno è contento per la circolazione di un virus. Ma virus e batteri esistono da sempre, pensiamo di chiuderci per tutta la vita in casa per evitare qualsiasi malattia?" afferma al quotidiano romano. Tra vaccini e infezione naturale, la stragrande maggioranza della gente è protetta contro Sars-Cov-2 e la variante Omicron è meno pericolosa di chi l'ha preceduta: due motivi in più per dormire sonni più tranquilli rispetto al recente passato. "La circolazione in una popolazione protetta per me è circolazione endemica. Continuare a gestire questa nuova fase con paura e chiusure non ha alcune senso. Questo non significa sottovalutare il virus", incalza Lopalco.
Ecco cosa non cambierà
Dello stesso avviso anche il professor Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia molecolare del Campus Bio-medico di Roma. "È innegabile che i sintomi con Omicron, specialmente per chi ha ricevuto la terza dose, siano meno gravi, ci stiamo avviando all’endemizzazione", afferma al Messaggero. Lo strumento di cui non potremo fare a meno, però, saranno certamente le mascherine, sicuramente non a stretto giro. "Abbiamo raggiungo il picco, ora manteniamo le mascherine fino all’estate", aggiunge l'epidemiologo, al quale gli fa eco il prof. Lopalco: "L’uso delle mascherine, soprattutto nei mesi invernali nei luoghi al chiuso o affollati, dovrà restare una buona pratica perché ad esempio ha contribuito in modo significativo a ridurre l’impatto dell’influenza".
Perché la pandemia non è finita
Attenzione a brindare, però: il Covid ha già dimostrato di produrre varianti in quantità e Omicron non è che l'ultima di una lunga serie come abbiamo scritto sul Giornale.it. Da Alfa a Deltacron, ne sono già state sequenziate almeno una decina e dopo Omicron la preoccupazione di Ciccozzi è che ce ne possano essere altre "che causino una malattia più grave. Con queste premesse, dobbiamo prepararci a una gestione nei confini della normalità della nostra convivenza con il coronavirus. Magari con una campagna vaccinale annuale".
D'accordo anche Lopalco: se un booster ogni sei mesi può portare alla "paralisi immunitaria", un vaccino l'anno non creerebbe assolutamente questa problematica perché già succede da sempre con il vaccino antinfluenzale, aggiornato annualmente per il virus dominante nella stagione invernale: è per questo che si va verso una somministrazione annuale con vaccini "aggiornati" in base alla variante che circola in quel momento per proteggere soprattutto gli over 65 e i più fragili."La pandemia non è finita, scontato che emergeranno nuove varianti, ma con terze dosi, distanziamento, mascherine e sorveglianza, non serviranno nuovi lockdown", conclude Ciciliano.
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