Ong, ombre sui finanziamenti: così vengono coperti i donatori

Il dossier di Frontex svela i contatti tra le Ong e i trafficanti. Ma far luce su chi finanzia queste operazioni è pressoché impossibile. Moas: "Serve il consenso dei donatori"

Ong, ombre sui finanziamenti: così vengono coperti i donatori

Nel 90% del salvataggi effettuati, le Ong, che operano nel Mar Mediterraneo, individuano direttamente le imbarcazioni che trasportano migranti, prima che sia partita una richiesta di aiuto e prima delle comunicazioni da parte della Guardia costiera, e sono attivate direttamente dai migranti stessi. I telefoni satellitari consegnati agli scafisti contengono infatti numeri delle imbarcazioni che intervengono. Si tratta di modalità che interferiscono con le indagini sui trafficanti. Sono queste, secondo quanto riferito dal Corriere della Sera, le accuse contenute nel dossier di Frontex su cui indaga il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro.

A queste accuse le Organizzzazioni non governative hanno già più volte replicato respingendole come "infamanti" e ribadendo che il loro "unico obiettivo è salvare vite umane". La relazione dell'Agenzia europea indica, però, ben otto navi private che fanno questo "giochetto" con i trafficanti di esseri umani e le rispettive Ong a cui appartegono. E tra queste c'è anche la Phoenix di Migrant Offshore Aid Station (Moas) che batte bandiera del Belize e può imbarcare fino a 400 immigrati. Ma chi c'è dietro alla sigla Moas? "Siamo un’organizzazione umanitaria. Questa campagna di discredito non ci aiuta", ha dichiarato nei giorni scorsi Regina Catrambone, direttrice della Ong e moglie di Christopher. I due hanno una vera e propria flotta: oltre alla Phoenix, ha messo nel Mediterraneo la Topaz responder, diversi gommoni Rhib e alcuni droni.

"Siamo stati la prima organizzazione della società civile che si occupava di ricerca e soccorso. Con noi c'era solo 'Mare Nostrum'. Abbiamo iniziato a raccogliere fondi con sponsor di tutto il mondo. La prima operazione l'abbiamo fatta nel maggio 2014, la seconda nel maggio 2015 salvando 14mila persone". Christina Ramm-Ericson, responsabile della Moas, assicura che gli unici partner con cui hanno avuto a che fare sono Medici Senza Frontiere, Emergency, Croce Rossa Italiana e Croce rossa internazionale. Niente di più. "Siamo sempre stati trasparenti, sinceri e collaborativi con le istituzioni e con i nostri collaboratori - incalza - abbiamo sempre condiviso tutto con funzionari e autorità e ora speriamo che l'attezione possa tornare sulla crisi in corso di svolgimento". Fino a oggi hanno scaricato sulle nostre coste ben 35mila immigrati, la maggior parte dei quali clandestini.

Oltre a destare sospetti per i presunti rapporti con i trafficanti di uomini in Libia, la Moas è da sempre stata opaca sui finanziamenti. Anche oggi, durante l'indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, si è limitata a dire che le fonti di finanziamento dell'organizzazione sono "privati, aziende, sovvenzioni istituzionali e campagne di crowdfunding". Per un totale, nel solo 2016, di circa 6 milioni di euro. "I nostri partenariati sono tutti scaduti quindi adesso non ne abbiamo nessuno in piedi - frena Ramm-Ericson - prima di pubblicare la lista dei donatori devo ottenere il loro consenso". In realtà, come aveva già spiegato Giuseppe De Lorenzo su ilGiornale.it, qualche nome è già trapelato. Da Avaaz.org, cioè la comunità riconducibile a Moveon.org, che a sua volta fa capo al "filantropo" milionario George Soros, sono arrivbati almeno 500mila euro.

E ancora: tra i più stretti collaboratori di Christopher Catrambone c'è Ian Ruggier, un ex ufficiale maltese famoso per aver represso con la violenza le proteste dei migranti ospitati sull’isola. Poca roba, insomma. Il resto è coperto da una cortina di fumo.

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