Ora è scontro sull'aborto fai-da-te: "Difficoltà con Covid? Ospedali smentiscono"

È scontro tra ginecologi non obiettori e associazioni cattoliche sulla richiesta del via libera all'aborto a domicilio durante l'emergenza sanitaria. Scienza e Vita attacca: "Ospedali smentiscono difficoltà ad accedere alle interruzioni di gravidanza"

Ora è scontro sull'aborto fai-da-te: "Difficoltà con Covid? Ospedali smentiscono"

Con i medici e gli anestesisti rianimatori impegnati h24 a combattere il virus abortire negli ospedali italiani è diventato sempre più difficile. A denunciarlo è l’associazione Pro Choice, che nei giorni scorsi ha lanciato una petizione online per chiedere al governo di allentare i limiti previsti dalla legge 194/78 estendendo i termini entro cui poter effettuare l’interruzione di gravidanza, oltre a dare il via libera all’aborto a domicilio, consentendo l’assunzione della RU486 tra le mura domestiche.

A firmare l’appellopolitici, attori, scrittori, medici ed intellettuali, capitanati dall’ex presidente della Camera, Laura Boldrini e dal giornalista Roberto Saviano. Oggi anche le principali associazioni di ginecologi chiedono "un impiego maggiormente estensivo dell’aborto farmacologico" a "tutela della salute e dei diritti delle donne, che rischiano di essere negati a causa dell'emergenza sanitaria in corso". In tempi di pandemia l’assunzione casalinga del mifepristone, lo steroide che provoca l’aborto chimico, spiegano i medici non obiettori, permetterebbe di "decongestionare gli ospedali, alleggerire l'impegno degli anestesisti e l'occupazione delle sale operatorie".

"Durante questa fase di emergenza sanitaria il percorso tradizionale dell'aborto chirurgico, che prevede numerosi accessi ambulatoriali, non solo per certificazione e datazione, ma anche per le indagini pre-operatorie oltre all'accesso per l'esecuzione della procedura, espone la donna a un numero eccessivo di contatti con le strutture sanitarie, che sicuramente non contribuiscono alla riduzione del rischio di contagio", spiega Nicola Colacurci, presidente dell’AGUI (Associazione Ginecologi Universitari Italiani). Tutte "difficoltà" che, aggiunge il medico,"rischiano di determinare il superamento dei limiti temporali previsti dalla Legge 194/78".

La proposta quindi, è quella "di rivedere alcuni aspetti delle procedure vigenti". Oltre a spostare il limite del trattamento da 7 a 9 settimane, i ginecologi chiedono di evitare il ricovero per la somministrazione della RU486 e di poter effettuare l’interruzione di gravidanza a casa con l’ausilio della "telemedicina" come succede in altri Paesi europei. L’obiettivo, spiega Elsa Viora, presidente dell’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri (AOGOI) è quello di "facilitare e de-ospedalizzare l'aborto", attraverso "un maggior coinvolgimento degli ambulatori" per "decongestionare gli ospedali" in un momento di crisi come quello che stiamo attraversando.

Per le associazioni cattoliche, però, il vero scopo sarebbe quello di "semplificare" le procedure per permettere un più vasto accesso all’interruzione di gravidanza, considerato anche l’altissimo numero di ginecologi obiettori, in costante aumento. È la tesi del presidente di Pro Vita e Famiglia, Antonello Brandi che ieri in un comunicato ha stigmatizzato l’iniziativa di medici e associazioni di sinistra.

Oggi un’altra organizzazione di ispirazione cristiana, Scienza e Vita, ha fatto sapere che le "difficoltà" denunciate dalle associazioni sembrano essere"solo presunte, data la netta smentita della loro esistenza da parte di molti ospedali, da Nord a Sud". "Il fatto, con ogni probabilità, non sussiste", tagliano corto dall’associazione, esprimendo un "convinto dissenso sulle richieste specifiche presentate per implementare l’aborto chimico".

"In spregio agli elementari doveri deontologici e umani di vicinanza e cura verso chi ha difficoltà e problemi, si suggerisce di sospingere ancor più nel privato e nella solitudine l'atto abortivo, quasi fosse un fastidio di cui liberarsi in fretta e nel segreto – continua Scienza e Vita in un comunicato - proprio in questo drammatico momento, nel quale la solitudine sembra la cifra caratteristica della pandemia in atto, reputiamo sia ingiusto affidare all'automatismo e alla telemedicina un rapporto medico-due pazienti così delicato e bisognoso di vicinanza umana".

Anche Massimo Gandolfini, leader del Family Day, si oppone alle proposte dei ginecologi non obiettori."Oggi più che mai – dice - è irricevibile la richiesta di un aborto fai da te che banalizza ancora di più questa pratica e rende ancora più sole le donne messe davanti a questa scelta dolorosa".

E fa un "contro appello" alle donne: "Chi sta vivendo una gravidanza difficile si rivolga ai Centri di Aiuto alla Vita dove potremo aiutarle dando loro anche tutto il sostegno necessario per la cura e la crescita dei loro bambini".

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