Parabita, il Comune sciolto per mafia pagava con i voucher i favori del clan

Parabita, il Comune salentino sciolto per mafia con decreto presidenziale del 17 febbraio scorso, usava i voucher per pagare gli uomini del clan Giannelli: favori in cambio di voti

Parabita, il Comune sciolto per mafia pagava con i voucher i favori del clan

Parabita, il Comune salentino in provincia di Lecce sciolto per mafia il 17 febbraio scorso, usava i voucher per pagare gli uomini del clan.

Dal dossier riportato nel decreto presidenziale di scioglimento del 4 marzo, firmato dal ministro degli Interni Marco Minniti, emerge un quadro allarmante: favori fatti alle famiglie vicine al clan Giannelli per assegnare voucher e buoni lavoro, contributi in denaro, lavori, alloggi popolari, locali commerciali e assunzioni tra gli operatori ecologici con costi aggiuntivi per l'amministrazione comunale. La collusione coi boss della Sacra Corona Unita è stata scoperta dai carabinieri del Ros dopo mesi di indagini.

Particolarmente compromessa è la posizione del vicesindaco, Giuseppe Provenzano, arrestato nel dicembre 2015 nell'operazione Coltura che portò in carcere 22 persone e evidenziò la rete costruita per scambiare favori con il consenso elettorale. Nella relazione di Minniti, il vicesindaco viene definito "veicolo consapevole per favorire gli interessi criminali", come dimostra anche la foto insieme al figlio del boss Marco Giannelli, che fu pubblicata sul suo profilo Facebook e poi finì nell'ordinanza cautelare. Così come i commenti euforici postati da persone considerate vicine al clan, dopo la vittoria elettorale del 2015, a simboleggiare l'affermazione del candidato sostenuto.

Stando alla ricostruzione del Viminale, Provenzano avrebbe dispensato assunzioni nella ditta che si occupava della raccolta dei rifiuti, nonché contributi economici per prestazioni di lavoro occasionali tramite i voucher, senza che il lavoro fosse effettivamente svolto, avrebbe anche rilasciato alcuni permessi edilizi e assegnato case popolari, nonché omesso di sgomberare abitazioni occupate da persone che non ne avevano diritto. Tutti questi favori sarebbero stati commessi per "sdebitarsi" dell'appoggio ottenuto per l'elezione.

Ha sempre preso le distanze da questo sistema di favori in cambio di voti il sindaco, Alfredo Cacciapaglia, che ha annunciato ricorso contro il decreto di scioglimento, non appena sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Intanto, però, è già al lavoro una commissione straordinaria, formata da Andrea Cantadori, Gerardo Quaranta e Sebastiano Giangrande, con il compito, non facile, di traghettare l'amministrazione per 18 mesi fino a nuove elezioni. I funzionari nominati dal prefetto, spiega La Repubblica, dovranno "rimuovere gli effetti pregiudizievoli per l'ente pubblico", ovvero mettere mano a quegli ambiti amministrativi che più degli altri sarebbero stati inquinati dalla vicinanza di esponenti politici al clan Giannelli.

Era da 26 anni che un comune nel Salento non veniva commissariato per mafia. Ma Parabita non è sconosciuto a fatti criminali di stampo mafioso: nel 1991 fu teatro di uno degli omicidio più efferati ad opera della Sacra Corona Unita. Paola Rizzello, una 27enne ritenuta scomoda dal boss locale, fu uccisa a fucilate in un casolare mentre teneva in braccio la figlia di due anni.

La piccola Angelica Pirtoli non morì per i colpi d'arma da fuoco, così gli assassini le riservarono una raccapricciante esecuzione. La bambina fu afferrata per i piedi e scagliata violentemente contro un muro fino a che non esalò l'ultimo respiro. Per questo omicidio le sentenze di condanna sono arrivate solo un paio d'anni fa.

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