Lo studente che ha conquistato la Cina: "Ai noodles preferisco la pasta"

Lo studente pugliese racconta la sua esperienza in Cina: “Le due culture non sono così lontane”

Lo studente che ha conquistato la Cina: "Ai noodles preferisco la pasta"

Riceviamo e pubblichiamo quest'intervista fatta da Armando Torro, studente del master in giornalismo di Torino.

Carlo Dragonetti è l’italiano del momento. Negli ultimi giorni ha conquistato la Cina col discorso pronunciato il 14 giugno davanti ai genitori, alla fidanzata Giada e a 8mila studenti dell’Università Normale di Shanghai, dove ha ottenuto il Master in Relazioni Internazionali. Il 24enne pugliese di Trani, scelto tra altri 36mila, li ha fatti prima ridere e poi commuovere con le battute sull’acqua calda e il messaggio di speranza: “Quando intraprendete una nuova sfida, non smettete mai di lottare per i vostri obiettivi. Fidatevi di me, non è mai troppo tardi”.

Il video è diventato subito virale. Oltre 220 milioni di visualizzazioni su Weibo, tante richieste di selfie e autografi, poi l’offerta di una partecipazione a un programma sul primo canale della tv cinese. Ma la sua passione per i viaggi e lo studio all’estero inizia nel 2010, all’inizio del quarto anno del liceo classico Carlo Troya: un semestre col programma di scambio Intercultura a Seckau, in Austria, dove oltre all’inglese, al francese e allo spagnolo ha perfezionato il tedesco. Poi il diploma e l’iscrizione alla Cattolica di Milano per studiare Relazioni Internazionali e, nel caso, continuare a viaggiare. Un’esigenza che ha voluto condividere dando vita al travel blog “Italian? Yes!”: 40 Paesi visitati tra cui Iran, Giappone, Laos, Cambogia e soprattutto Islanda, dove ha visto più volte l’aurora boreale.

Quando nel 2013 ha avuto la possibilità di studiare a Pechino, Carlo non ci ha pensato due volte, tanto era forte il desiderio di scoperta e curiosità. Ha fatto spesso la spola Cina-Italia per tornare a casa dalla famiglia e dagli amici: 15 ore di aereo e 2 scali ogni volta. “Ma non mi pesano più di tanto perché so che all’arrivo c’è qualcosa di bello”, dice. Così si è laureato nel 2016 a Milano con una tesi sugli investimenti italiani in Cina. Lì ha collaborato con diverse aziende italiane e si è così distinto da ricevere una borsa di studio dal governo cinese per il Master che ha ottenuto la settimana scorsa. Ora si racconta a ilgiornale.it.

Carlo, sei sorpreso da questo successo?
“Abbastanza, non mi aspettavo che ne parlassero addirittura in America e in Australia: ho raggiunto tutto il mondo. Sono fiero soprattutto per aver fatto conoscere una esperienza così bella e averla condivisa a partire dalle persone a cui tengo”.

Cosa è cambiato in questi 4 anni? Quanto ci hai messo per ambientarti e imparare il cinese?
“Praticamente solo un madrelingua parla perfettamente il cinese, per impararlo tutto forse non basta una vita e ti devi sforzare molto. Ho visto un grande miglioramento per quanto riguarda il clima e l’ambiente: oggi la Cina è la nazione che produce la maggiore quantità di energia solare”.

Come rispondi a distanza di un anno a quello che disse l’ex ministro Poletti sugli italiani emigrati?
“Io non sono uno di quelli che dice ‘Andiamocene perché non ci sono possibilità di lavoro’. Può dare fastidio sentire che i propri sforzi e i propri sacrifici vengano sottovalutati”.

Ci sono quasi 8mila chilometri di distanza tra Trani e Shanghai. Cosa ti ha fatto sentire a casa?
“In realtà le due culture sono meno lontane di quanto sembri, perché in entrambe sono centrali la famiglia, le relazioni e il cibo. E vi assicuro che in una città da 27 milioni di abitanti ci sono tanti ristoranti italiani, se uno prova ogni tanto nostalgia”.

Sei milanista e cattolico. In Cina i campi da calcio non mancano, ma le chiese?
“A Shanghai le chiese ci sono eccome, tra l’altro in questi giorni stanno ristrutturando la Cattedrale. Nella vita di tutti i giorni non si viene discriminati, anzi, ci sono tanti cinesi che si convertono al Cristianesimo”.

A Shanghai giri spesso con il vespino elettrico e paghi qualsiasi cosa con lo smartphone. Quanto ci vorrà perché queste cose si diffondano in Italia?
“In Cina gran merito di questo è di WeChat: all’applicazione di messaggistica è legato anche un ‘portafogli’ dove registri e usi le carte di credito. Perché ci sia diffusione in Italia ci deve essere un miglioramento nel metodo delle comunicazioni. È un peccato, per esempio, che qui Satispay non abbia raggiunto le adesioni che meriterebbe”.

Cosa ne pensi della decisione di GoBee di abbandonare il nostro Paese e di realtà come Huang Bao Che e Uber?
“In Cina queste applicazioni semplificano la vita. Secondo me abbiamo perso una possibilità di fare dei passi in avanti”.

Se qui in Italia si parla di utilizzare le pistole taser, in Cina i poliziotti avranno occhiali per il riconoscimento facciale. Ti pare esagerato?
“È sempre un problema di compromesso tra sicurezza e privacy. Non giustifico la Cina, non ti senti libero al 100%, ma per certe questioni come la tutela dal terrorismo non sarebbe male”.

Cosa ci puoi dire di più di “Italian? Yes!”?
“È nato nel 2012 dopo un viaggio che ho fatto in Belgio con il mio migliore amico Carlo Laurora e altri amici tranesi. Volevamo condividere con gli altri i nostri viaggi, la nostra esperienza, le cose belle che incontravamo e abbiamo deciso di aprire questo blog. Ora l’obiettivo è spingere i cinesi a venire in Italia a visitare i luoghi meno conosciuti, ma bellissimi, come la Cattedrale di Trani. Negli ultimi mesi purtroppo non riesco a seguirlo in prima persona, ma Carlo se la cava benissimo”.

Chi tifi ai Mondiali?
“Purtroppo non ci sono né l’Italia né la Cina. Sono molto legato all’Islanda ovviamente, ma simpatizzo Argentina e Colombia per via dei miei due grandi amici conosciuti a Shanghai. Alla fine sono stato contento dell’1-1 in Argentina-Islanda”.

Meglio i noodles o le orecchiette?
“Non scherziamo. Assolutamente le orecchiette, possibilmente quelle di mia nonna”.

Ora la politica: hai votato il 4 marzo?
“No, perché ero in Cina e non ho fatto in tempo ad iscrivermi all’Aire. È un grosso rimpianto”.

Ma la battaglia dei dazi chi la vincerà?
“Secondo me ha già vinto la Cina, anche perché possiede il debito pubblico americano. Capisco Trump e la sua voglia di riportare gli Usa ai fasti di un tempo, ma così è difficile”.

I prossimi viaggi?
“Tornerò in Cina il 29 giugno perché ho un progetto aperto con una startup. Sai, non vedo così assurda la possibilità di vivere stabilmente lì. Ovviamente la mia famiglia e i miei amici sono le ragioni per cui tornerei spesso”.

Un

ultimo messaggio a chi va a studiare o vivere all’estero?
“Ricordate che se andate lontano, le domande aperte nel vostro cuore rimangono. E soprattutto, vivete pienamente quello che la vostra realtà vi offre”.

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