Partorisce e va al bar col neonato morto in borsa: omicidio volontario

La 25enne uccide il bebè nel water, lo nasconde in una borsa e va al bar con gli amici. Solo dopo alcune ore lo butta in un cassonetto

Partorisce e va al bar col neonato morto in borsa: omicidio volontario

Il bebè, gettato il 28 febbraio del 2013 come un sacco di rifiuti in un cassonetto non lontano dal reparto di ginecologia dell'ospedale San Camillo a Roma, era nato vivo. Dopo averlo partorito la madre, una ragazza di 25 anni, lo aveva lasciato morire in un water, poi lo aveva chiuso in un sacchetto e portato in una borsa al bar, dove aveva appuntamento con alcuni amici. Quindi se ne era sbarazzata gettando il piccolo nel cassonetto. La giovana, ritenuta sana di mente dai magistrati, è accusata di "omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere".

La ragazza si è sempre difesa dichiarando che "il piccolo era nato morto". "Mi è anche scivolato nel water e poi l’ho ripreso - aveva spiegato - ho avvolto in un telo, l’ho messo nella busta e l’ho chiuso in un armadio , poi mi sono messa a dormire fino alle due del pomeriggio". La ricostruzione è stata smentita dalla perizia del medico legale della Sapienza, Costantino Ciallella, che avrebbe dimostrato come la madre, che aveva tenuto nascosta la gravidanza ai genitori e alla sorella, abbia causato la morte del bebè. Non solo. Secondo la perizia psichiatrica, la giovane non sarebbe affetta da patologie gravi, ma solo da difficoltà emotive e caratteriali. Perizia che aggrava ulteriormente la pozione dell'infanticida che adesso deve rispondere delle accuse di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere perché, come ha spiegato lo stesso magistrato, "dopo aver partorito il neonato ne infilava il corpo senza vita all’interno di un sacchetto di plastica che il giorno successivo riponeva in un cestino della spazzatura nel piazzale antistante al reparto di ostetricia del San Camillo, dove si era nel frattempo recata per far fronte all’emorragia che l’aveva colpita".

"Ha avuto un distacco improvviso di placenta accertato anche dalla procura – hanno sostenuto nell’udienza preliminare i legali della 25enne, Antonio Iona e

Stefania Ciliberto – e un immediato parto difficile. Neanche un’ambulanza con rianimazione neonatale avrebbe reso possibile la sopravvivenza. Lei ha avuto subito la percezione della morte del piccolo, nato cianotico".

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