Perché l'energia fornita dal vento può essere strategica per l'Italia

L'eolico è cresciuto parecchio negli ultimi anni, dà lavoro ed esporta Ma rischia una battuta d'arresto se non si corregge il sistema incentivi

Il vento si è sentito forte nei padiglioni di «Ecomondo», alla Fiera di Rimini. Nell'ambito della manifestazione sulla sostenibilità ambientale, si è celebrata per la seconda volta una giornata dedicata all'energia eolica: KeyWind 2014. La kermesse è stata animata da corsi di formazione e convegni organizzati da Anev (Associazione nazionale energia del vento). Sold out per quello della mattina intitolato «L'industria eolica in Italia. Sfide future di un settore in grado di dare stabilità, sicurezza e indipendenza energetica al Paese». Per l'occasione, il presidente di Anev, Simone Togni, ha ospitato delegati istituzionali e delle più importanti aziende del settore, tra le quali il leader di mercato Erg Renew, rappresentato dal managing director Massimo Derchi.

Un quadro non privo di qualche ombra quello attuale del settore in Italia. Da un lato, il peso assunto da questa rinnovabile nel mix energetico e nell'economia del Paese; dall'altro, alcune scelte politiche che, se per certi aspetti erano inevitabili, per altri sono lacunose e non in grado di premiare la qualità del settore.

«Da una decina d'anni - spiega Togni - quella eolica è la fonte rinnovabile più in crescita in Italia. Dal periodo d'esordio tra il 2002 e il 2005 a oggi, abbiamo registrato sempre crescite a due cifre delle potenze installate. Abbiamo costruito in Paese una filiera completa che parte dalla costruzione di aerogeneratori e componentistica fino ai servizi, che esportiamo anche all'estero. In futuro, però, se non si attuano correttivi alla nuova normativa sugli incentivi, varata con l'obiettivo condiviso anche da noi di contenere gli oneri generali sulla collettività, temiamo una battuta d'arresto per una fonte rinnovabile che in dieci anni è diventata molto economica e non merita di essere buttata a mare».

Il sistema in vigore dal 2012 prevede una meccanismo di aste per la definizione degli incentivi. Vengono stabiliti quantitativi massimi di MW incentivabili e vincono i concorrenti che propongono i prezzi più bassi. «Con questo meccanismo, in assenza di regole più idonee a garantire la qualità dei soggetti partecipanti alle aste e la sostenibilità dei progetti - continua Togni - finisce che gli incentivi si riducano al punto che diventa impossibile costruire gli impianti. Mentre nel triennio 2010-2012 è stato possibile installare una media di 1.000 MW l'anno, con una punta di 1.275 nel solo 2012, con il contingentamento di 500 MW massimi introdotto sempre nel 2012, dei 1.500 MW che si sarebbero potuti vedere installati nell'ultimo triennio, forse ne saranno entrati in funzione 550 MW. Le stesse banche, del resto, di fronte ai business plan che certi operatori riescono ad elaborare, diventano restie a concedere credito».

Cosa propone Anev? «Anche noi siamo per un mercato competitivo e per non concedere incentivi a pioggia. Ma chiediamo che prima del varo del decreto ministeriale di attuazione della nuova normativa venga effettuato un check-up del meccanismo attuale e sia preso in considerazione un nostro pacchetto di modifiche. Obiettivo? Semplificare le procedure e adottare misure che permettano di elevare il livello dei soggetti che partecipano alle aste e che siano selezionati i progetti effettivamente migliori».

Un po' di delusione Togni l'ha provata anche per la decisione del Consiglio europeo di fissare al 27% il limite di minimo di quota di produzione energetica proveniente da rinnovabili che ogni paese deve avere entro il 2030. «Noi chiedevamo il 30%. Tuttavia il 27% è sufficiente per creare una prospettiva di lungo periodo che permette di attrarre investimenti».

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