Sono addestrati per interventi in montagna. Specializzati nel salvataggio di vite. Sono in grado di essere impiegati in caso di calamità naturali. E possono inoltre costituire unità sanitarie specializzate. Sono una delle forze a disposizione del nostro esercito, ma non solo gli unici. A dar man forte alle forze dell’ordine sul territorio in questi giorni di emergenza ci sono anche altri reparti dislocati in tutta Italia. Il reggimento Alpini della Taurinense è chiamato al dovere.
Danno supporto agli uomini e alle donne del 118. Il coronavirus morde. E anche il Piemonte è in affanno, come del resto le altre regioni, soprattutto nel nord della penisola. Si occupano del trasferimento dei pazienti. Accompagnano i malati dalle proprie case alle stanze asettiche degli ospedali. Luogo in cui troveranno le cure adeguate. Un’attività molto importante per la popolazione. Dal Piemonte si alza un grido di aiuto. Qui hanno bisogno di uomini e materiali. "Stiamo arrivando al livello di saturazione delle terapie intensive, senza un sostegno immediato rischiamo di non farcela", è l’allarme di Alberto Cirio, presidente della terza regione d’Italia - dopo Lombardia ed Emilia Romagna - per numero di decessi da Covid-19. Con quasi 600 morti e 440 pazienti ricoverati in condizioni gravi, il Piemonte è alla disperata ricerca di ventilatori. Quei respiratori che mezzo mondo cerca. A cui nessuno vuole o può rinunciare. Purtroppo.
"Ci permetterebbero di alleggerire le terapie intensive, sempre più vicine al limite nonostante ne abbiamo quasi raddoppiato la capacità arrivando in pochi giorni a ricavare 500 posti letto. Insistiamo nel chiedere una corsia prioritaria perché appena arriva un ventilatore da noi viene immediatamente impiegato per tenere in vita una persona in crisi respiratoria. Non finisce in un magazzino come può capitare in altre regioni che non vivono una situazione analoga di emergenza". Il Piemonte è in affanno, dicevamo. Tanto che si arriva a esultare per la notizia dell’arrivo dei cinque ventilatori che erano in consegna già pochi giorni fa. "Li consideriamo arrivati solo quando abbiamo sotto gli occhi gli scatoloni. Troppo spesso in queste settimane è accaduto che materiali e dispositivi in consegna non arrivassero, o che ne arrivassero altri e in quantità minori, mai maggiori", spiega a La Stampa Cirio.
Il commissario straordinario per l’emergenza, Domenico Arcuri, ha ammesso che il meccanismo è inceppato. Che, cioè, alcuni rifornimenti per ragioni non chiare non sono mai giunti a destinazione. Qualcosa però sta cambiando. Non solo ventilatori. Negli ultimi giorni sono stati distribuiti circa 600mila tra mascherine e guanti agli operatori sanitari. Ma il fabbisogno di protezioni, apparecchiature mediche e personale sanitario resta altissimo in una regione che si è trovata a fronteggiare il coronavirus con le armi spuntate. Una regione indebolita negli anni dalla riorganizzazione della rete ospedaliera e dal blocco del turn-over di medici e infermieri per risanare i conti delle Asl.
Proprio per questo, in Piemonte, sono entrati in scena anche i medici dell’esercito e il corpo militare della croce rossa italiana. A questi si aggiungono gli Alpini. La situazione è tragica. Manca personale e chi c’è troppo spesso lavora in condizioni precarie. Molti medici sono costretti a fermarsi perché risultati positivi. E non sempre si trovano addetti che possano sostituirli.
Da qualche settimana i soldati, i nostri uomini, sono all’opera. In silenzio. Troppo spesso dimenticati. Lontani dalle loro famiglie. Operano in situazione di alta professionalità in una situazione di emergenza sanitaria. Come è sempre stato. E come sarà, si spera, in futuro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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