Con il plasma dei guariti miglioramenti in 1-2 giorni. Ecco la terapia

"Risultati sorprendenti" afferma Massimo Franchini, responsabile all'ospedale di Mantova. La terapia con il plasma dei guariti promette grandi cose e dimostra la sua efficacia già nel giro di 1-2 giorni ma Burioni frena: "Essere certi che i pazienti abbiano gli anticorpi e non abbiano altre malattie"

Con il plasma dei guariti miglioramenti in 1-2 giorni. Ecco la terapia

Ottime notizie dall'Italia: in attesa del vaccino o di una cura farmacologica, la terapia al plasma sembra funzionare molto bene. Incoraggianti, infatti, i primi risultati ottenuti su decine di pazienti malati con il Covid-19 e curati con il plasma dei guariti. Addirittura, netti miglioramenti si sono avuti nel giro di 1-2 giorni.

"Terapia specifica contro Covid-19"

"I risultati visti nei casi singoli sono stati sorprendenti", afferma Massimo Franchini, responsabile dell’Immunoematologia e Medicina trasfusionale dell’ospedale Carlo Poma di Mantova. La terapia è cominciata al Nord Italia ad iniziare dal Policlinico universitario San Matteo di Pavia, dagli ospedali di Novara e Padova e, chiaramente, da quello di Mantova. "Ora, con i colleghi di Pavia stiamo riesaminando tutti i casi valutando la risposta clinica e strumentale per trarre delle conclusioni generali su questa che è una terapia specifica contro Covid-19", aggiunge Franchini.

Ecco la terapia

Ma quindi, cosa si fa esattamente? In pratica viene utilizzato il plasma dei pazienti guariti dal Covid-19, che è la componente liquida del sangue nella quale sono sospesi gli elementi corpuscolati (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine). Come si legge sul Messaggero, a questo trattamento sono stati sottoposti i pazienti che rischiavano di finire in terapia intensiva. In maniera sorprendente, i miglioramenti sono risultati evidenti già dopo 1-2 giorni dall’inizio della terapia.

Rischi zero

Quali sono i rischi di prelevare il plasma da un'altra persona? La procedura è considerata sicura perché il sangue dei donatori viene prelevato e poi trattato per isolare il plasma dal resto. In più, vengono applicate una serie di procedure che lo rendono sicuro disattivando le sostanze che potrebbero rivelarsi dannose per chi lo riceve. La plasmoterapia è già attiva in altre parti del mondo: i primi risultati incoraggianti erano arrivati dalla Cina ed anche gli Stati Uniti stanno seguendo questa strada

Ecco i limiti

C'è, comunque, anche il rovescio della medaglia: intanto, la disponibilità dei donatori (per ogni sacca di sangue si possono trattare fino a due pazienti) e, ancor più importante, la carica complessiva degli anticorpi presenti nel plasma del donatore, che potrebbero non essere sufficienti per curare in modo efficace il paziente malato. "La terapia con il plasma iperimmune prelevato dai pazienti guariti dal Covid-19 è interessante, ma è una cura d’emergenza, non si può pensare a un utilizzo esteso a tutti perché non si possono svenare i soggetti guariti" afferma il virologo Roberto Burioni. "Inoltre, dobbiamo essere certi che questi pazienti siano guariti, che abbiano gli anticorpi, che non abbiano altre malattie", aggiunge.

La risposta

Affermazioni, queste, che non sono andate giù a Giuseppe De Donno, direttore di pneumologia al Carlo Poma di Mantova, che su Facebook ha risposto senza mezzi termini. "Forse il professore non sa cosa è il test di neutralizzazione. Forse non conosce le metodiche di controllo del plasma", scrive, aggiungendo che è "Importante salvare vite".

E il remdesivir?

Temporeggiando in attesa di un vaccino o nuove cure farmacologiche, si fa sempre più acceso anche il dibattito sul farmaco anti-Ebola remdesivir, da ieri promosso a terapia ufficiale anti-Covid negli Stati Uniti. In Europa, però, sono più cauti di Trump: l’Agenzia Europea per i Farmaci (Ema) ha avviato una procedura rapida di revisione del farmaco per velocizzare, eventualmente, la sua approvazione. Tuttavia, precisa l’Ema, "è ancora troppo presto per trarre conclusioni sul rapporto rischio-beneficio del farmaco" perché è possibile che "i suoi benefici siano maggiori dei rischi".

L'uso del farmaco in Italia

In Italia Il nostro Paese è stato tra i primi ad adottare il remdesivir: era già presente nei protocolli terapeutici per curare i primi due pazienti cinesi che a febbraio furono ricoverati allo Spallanzani di Roma. Inoltre, già un centinaio di pazienti gravi hanno ricevuto la somministrazione del farmaco con ottimi risultati, gli stessi ottenuti dalle prove sperimentali sui macachi.

"Prima di giudicare aspettiamo di vedere i dati", afferma Silvio Garattini, farmacologo e direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri che aspetta la fine di maggio quando "potremmo avere già i dati della sperimentazione attualmente in corso in Italia e allora avremo qualcosa su cui valutare l’efficacia del farmaco".

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