La politica dello struzzo

La prima anomalia è quella di un premier che prima di una conferenza stampa avverte tutte le testate del Paese che non risponderà a domande riguardanti il Quirinale

La politica dello struzzo

La prima anomalia è quella di un premier che prima di una conferenza stampa avverte tutte le testate del Paese che non risponderà a domande riguardanti il Quirinale. Premessa che pone anche all'inizio dell'incontro con la stampa. Una volta la frase di rito anche al Cremlino era il «no comment». Ora a Palazzo Chigi è venuta meno pure la forma: alle domande, diciamoci la verità, neppure tanto insistenti dei giornalisti non si risponde. È il nuovo stile della casa.

La seconda anomalia è più di sostanza e riguarda il salto logico, se non la contraddizione, contenuta nel messaggio del premier in relazione al suo silenzio. Dice Draghi: «Nella maggioranza, nonostante la diversità di vedute, c'è voglia di lavorare insieme e di decisioni condivise. Finché c'è quella il governo va avanti bene». C'è una questione, però, che il premier fa finta di non vedere, che rimuove: il governo andrà avanti solo se lui continuerà a stare a Palazzo Chigi. È questa la condizione posta da Matteo Salvini e, ieri, a quanto pare, dallo stesso Silvio Berlusconi. Ecco perché il suo silenzio sull'argomento è paradossale. Ed è il motivo per cui, come abbiamo scritto, avrebbe dovuto parlarne nella conferenza stampa di ieri «o in questa settimana».

Draghi ha preferito prendere tempo, ha scelto la seconda opzione, ma nei prossimi giorni dovrà dare una risposta. A meno che non voglia insistere nella politica dello struzzo. Perché la questione della sopravvivenza di questo governo, di questa maggioranza, e, magari, di questa legislatura, è legata a doppio filo al suo futuro. E ciò vale anche per tutti gli impegni riguardanti la gestione della pandemia (a cominciare dalle ultime misure stringenti prese dall'esecutivo), la messa a terra del Pnrr nella realtà e non solo nei progetti, l'inflazione, la politica energetica. Senza contare che proprio perchè il premier è il primo a dire che il governo e la maggioranza funzionano, qualora decidesse di scegliere la strada per il Quirinale si assumerebbe di fatto lui stesso la responsabilità di aprire la «crisi». Terremoterebbe un quadro politico, che a suo giudizio tiene, solo per ambizione. Un po' troppo anche per Draghi.

Sarebbe complicato persino per lui governare per interposta persona, magari con un altro premier che somigli tanto ad Alexa, l'intelligenza artificiale con cui i fissati con la robotica organizzano la loro casa: si può chiedere «Alexa fammi il caffè» o «Alexa spegni la luce»; non si può imporre una legge di bilancio o bocciare un provvedimento ordinandolo dal Quirinale ad un capo del governo che deve risponderne ad una maggioranza parlamentare.

Ecco perchè il silenzio di Draghi è insostenibile. Certo il premier è scottato per tutte le polemiche e le critiche che gli sono piovute addosso nella conferenza stampa di fine anno (un genere che a quanto pare non gli porta bene). Ma se allora, lo dico con rispetto, aveva parlato troppo, ieri, invece, ha parlato poco.

E alla fine il risultato è stato lo stesso: c'è un governo che non sa quanto durerà e una maggioranza disorientata. Ma, soprattutto, c'è un Paese «sospeso» in piena emergenza.

Bloccato dal dilemma amletico del premier: Colle o non Colle, that is the question.

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