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Poliziotto antidroga sbattuto in cella. "Rovinato da un pentito e poi assolto"

Finire in cella per un'infamante accusa. "Sono un poliziotto, prima di tutto. Faccio il lavoro che ho sempre sognato di fare e che sento mio"

Poliziotto antidroga sbattuto in cella. "Rovinato da un pentito e poi assolto"

Finire in cella per un'infamante accusa. "Sono un poliziotto, prima di tutto. Faccio il lavoro che ho sempre sognato di fare e che sento mio". Mauro Di Furia, vicesovrintendente della Polizia e rappresentante sindacale del Sap, racconta la sua storia al Giorno: "Sono un poliziotto, un poliziotto onesto". C’è soddisfazione nelle sue parole venate, però, da un filo di amarezza. Perché lui non è soltanto un poliziotto, è un uomo che si è portato sulle spalle l’infamia di un’accusa pesantissima: essere parte di un’associazione criminale dedita al traffico di droga. Proprio quel traffico che aveva a lungo combattuto da agente nel nucleo operativo nella Mobile di Roma.
Un collaboratore di giustizia l’aveva accusato – insieme con altri colleghi e un dirigente specchiato – e lui era finito in carcere per un anno, in isolamento. Era il 2005. Poi ha passato otto mesi ai domiciliari per arrivare a sentir pronunciare, a dicembre del 2014, la sentenza di assoluzione con formula piena che l’ha rimesso in piedi. In tutti i sensi. "Quella è stata la fine del mio calvario. Assolto, insieme con i miei colleghi, perché il fatto non sussiste. Una sentenza che poi è passata in giudicato, definitiva. La mia vita è devastata. Ho passato cinque anni sospeso dal servizio con lo stipendio ridotto all’assegno alimentare. Con le spese per difendermi, l’avvocato e tutto il resto. Ho dovuto vendere la casa che avevo comperato con la mia famiglia. Non ho più un soldo", spiega al Giorno.

E ancora: "Ho ricominciato a lavorare da tempo e lavoro a Viterbo dove ho incontrato persone meravigliose, il questore Suraci in testa. Non direi. Ho passato cinque anni senza stipendio. Ora che la mia innocenza è stata provata avrei voluto che il Dipartimento mi usasse un qualche riguardo. Invece...".

Infine un appello: "No, ha già riconosciuto che mi deve essere restituito lo stipendio dei cinque anni, la ricostruzione della carriera, eccetera. Sono i tempi che non sono accettabili. Dopo quello che ho passato vorrei tornare a essere sereno".

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