Scuola primaria, scuola secondaria di primo grado, ebook, valutazione del professore, dirigente scolastico, chat del consiglio d’istituto. Ovvero la scuola ai tempi delle nuove tecnologie. L’eterno cantiere cui ogni governo mette mano con la promessa di fare la riforma delle riforme. L’ex premier Matteo Renzi vestì i panni del maestro Manzi e davanti a una lavagna in tv provò a spiegare agli italiani la sua “buona scuola”.
Dimenticate tutto questo e ritornate con la mente alla vostra scuola, quella gentiliana (cioè figlia della riforma del 1923 ideata dal ministro della pubblica istruzione Giovanni Gentile, filosofo e poi accademico d’Italia). Una scuola senza cellulari, senza facili indulgenze, dove lo studio è merito e sacrificio, dove i genitori fanno i genitori e i professori sono l’autorità in classe, con il preside a rappresentare l’autorità della scuola. Magari il meglio di quello spirito sta tornando. Certamente l’istituto “ 91° Minniti” di Napoli (300 alunni solo per la scuola media, zona Fuorigrotta) può essere un laboratorio interessante.
“Prima dell’ingresso a scuola e dopo l’uscita trovo giusto che il ragazzo sia raggiungibile al cellulare dai genitori. Ma quando è in classe a cosa gli serve?”. Inizia con questa semplice e fondata domanda il ragionamento di Rosanna Storaniuolo, dallo scorso settembre preside del “Minniti” e con esperienza decennale di dirigente scolastico. Esperienze in vari quartieri della metropoli partenopea, dalla popolare Miano alla Posillipo dei napoletani benestanti.
Qual è la rivoluzione che ha introdotto a scuola?
“Da quest’anno scolastico è a regime il divieto di utilizzare il cellulare in classe e durante l’orario delle attività scolastiche. Una decisione cui è pervenuto il consiglio d’istituto per evitare distrazioni inutili alla concentrazione degli studenti”.
Non ci sono state rivolte per la difesa del sacro diritto alla dipendenza dai-Phone?
“No, i genitori hanno approvato e apprezzato. Qualche alunno più indisciplinato ha resistito. Lo scorso anno ricordo che un ragazzino ha ripreso con il videofonino il cambio d’ora mentre giocava con alcuni suoi compagni di classe. E ha poi postato il video su Facebook”.
Che provvedimenti avete preso nei suoi confronti?
“Ovviamente abbiamo fatto rimuovere il video, gli abbiamo fatto un rapporto scritto sul registro e lo abbiamo sospeso”.
Quindi trecento ragazzi posano il cellulare quando entrano in classe?
“Certo! In ogni classe ci sono degli armadietti dove i cellulari vengono custoditi in sicurezza, sotto la nostra responsabilità”.
E se il ragazzo avesse urgenza di contattare la famiglia?
“Qualora ci fossero casi straordinari per i quali l’alunno avesse necessità di uscire prima della fine delle lezioni, è la famiglia che deve contattare la segretaria della scuola. Non accetto che un alunno con il cellulare vada, che so io, in bagno, e contatti la famiglia di nascosto”.
Senza mondo virtuale come vivono i suoi studenti?
“Qui al Minniti offriamo molte attività ai ragazzi: musica, tennis e rugby, teatro, il coro, il laboratorio di ceramica, l’orto. La scuola dev’essere punto di riferimento per una comunità”.
E il rendimento scolastico ne ha giovato?
“L’andamento dei voti in questi mesi ci indica che senza cellulare si rende di più a scuola e ci si concentra meglio sullo studio. E poi si può copiare meno e con più difficoltà”.
La chat con i genitori come funziona?
“Il docente ha un ruolo, il preside un altro ruolo e il genitore ancora un altro. Le comunicazioni vanno messe sui binari degli orari e dei luoghi a ciò preposti. La porta del mio ufficio è sempre aperta, ma ciò che si comunica in una chat per me è come se non esistesse”.
Insomma la sua è una scuola vecchia maniera…
“Non vecchia, uniamo il meglio dell’innovazione al meglio della tradizione. I nativi digitali sono diversi da chi li ha preceduti, ma l’insegnamento tradizionale è indispensabile per formare uomini e donne di domani e cittadini consapevoli. Lo sforzo per raggiungere un risultato è una componente ineludibile di un percorso di crescita”.
Questa cosa come si traduce in classe?
“Le tabelline vanno imparate a memoria. Poi l’alunno capirà qual è il meccanismo che regola le moltiplicazioni. Ma ci sono cose che devono essere imparate a memoria, anche per stimolare le attività cerebrali. Le poesie, le capitali, i fiumi, le città…”
Ma perché, la geografia s’insegna ancora?
“Secondo i programmi attuali, se va bene, un bambino esce dalla scuola primaria (le elementari, ndr) conoscendo qualcosa dell’Italia e delle sue regioni. Dell’Europa e del mondo arriva a sapere qualcosa in seconda media. E le confesso una cosa…”.
Cosa professoressa?
“Molti insegnanti mi chiedono di utilizzare in sede d’interrogazione alla cattedra le cartine geografiche mute, quelle che non hanno scritte che indichino i luoghi, che devono invece essere indicati dall’alunno interrogato”.
Tito Minniti, cui la scuola è intitolata, era un aviatore eroe della guerra d’Etiopia del 1935-1936.
Ma la preside Stornaiuolo non vola, sta con i piedi ben piantati a terra. E magari, nonostante un cantiere eterno spesso devastante per la scuola pubblica in Italia, riuscirà a far uscire dalla sua scuola uomini e donne e anche cittadini perbene.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.