Scuola e prevenzione Covid. Se guardiamo a quanto sta accadendo in queste ore nella vicina Francia, c'è da mettersi le mani nei capelli. Appena tre giorni dopo la riapertura delle aule, il ministro dell'Istruzione, Jean-Michel Blanquer, si è presentato in tv con la faccia tirata e gli occhi bassi: «Siamo stati costretti a chiudere 12 istituti per casi di contagio da coronavirus nella Francia metropolitana, e altri 10 nel dipartimento d'oltremare della Réunion, oltre a 130 classi in scuole rimaste aperte». Insomma, peggio di qualsiasi più nefasta previsione.
Ma a distanza di poche dall'allarme francese, ecco aprirsi un gravissimo fronte italiano. Le agenzie battono un «flash»: «Primo caso di coronavirus in una scuola italiana». Si tratta di un liceale iscritto all'ultimo anno della prestigiosa Marymount International School di Roma, risultato positivo al Covid-19. Secondo la Asl Roma 1, 60 persone, tra compagni di classe e insegnanti entrati in contatto con il giovane, sono in isolamento preventivo per monitorare eventuali sintomi. Da oggi tutti gli studenti seguiranno le lezioni con la didattica a distanza. L'allarme è stato lanciato dalla preside dell'istituto, che ha avvertito i genitori degli studenti. Scontata la loro reazione: «Siamo preoccupati». La Asl ha fatto sapere che attenderà sette giorni prima di effettuare il tampone agli studenti, così da valutare l'eventuale comparsa di sintomi. La Marymount International School è una paritaria cattolica che si trova nella zona nord della Capitale e, trattandosi di un istituto privato, le lezioni sono iniziate in anticipo rispetto al calendario delle scuole statali. Già oggi è in programma la sanificazione di tutti gli ambienti. Alla luce di questa nuova emergenza, l'Italia farà bene a seguire il «modello francese». Nel suo primo bilancio, infatti, il ministro Blanquer non ha cercato alibi: «Ogni giorno attiviamo circa 250 protocolli per casi sospetti di coronavirus. È indispensabile che il nostro apparato sanitario si organizzi nelle scuole per far fronte all'emergenza in maniera più completa ed efficace». Poche (e chiare) parole che appaiono lontane anni luce dalla prosa burocratese e contraddittoria della nostra ministra Azzolina che, ormai a pochi giorni dalla prima campanella, continua a dire navigare (anzi, a naufragare) a vista. Il suo omologo francese, Blanquer, ieri durante i telegiornali più seguiti ha ricordato la procedura seguita in ogni istituto: «La persona sulla quale ci sono sospetti di contaminazione viene immediatamente isolata. Che sia un allievo o un insegnante, gli viene richiesto di rimanere a casa. In seguito le autorità sanitarie conducono indagini per risalire ai contatti, vengono fatti i test». Già, i test. Da noi quelli sierologici caldeggiati dalla Azzolina sono stati già bocciati dal Comitato scientifico: «Non possiamo fare a tappeto dei test la cui veridicità dell'esame presenta ancora enormi margini di errore».
Intanto ad alzare il livello di confusione il Cts ci mette anche del suo, come nel caso della vicenda «canto». Domanda: il Cts ha davvero proibito di cantare nelle scuole? Ecco quanto suggerito, testualmente, dal Comitato tecnico scientifico: «Nell'ambito della scuola primaria, per favorire l'apprendimento e lo sviluppo relazionale, la mascherina può essere rimossa in condizione di staticità con il rispetto della distanza di almeno un metro e l'assenza di situazioni che prevedano la possibilità di aerosolizzazione (esempio, canto)». Traduzione: si può fare qualunque cosa (compreso cantare) purché con la mascherina.
Ma torniamo alla realtà francese, da osservare attentamente anche in chiave italiana.
Il ministro Blanquer mette le mani avanti: «Se fossero necessarie chiusure massicce delle scuole, verranno attivati protocolli per aiutare i genitori a tenere i bambini a casa». E il presidente Macron va giù duro: «Non escludiamo un nuovo lockdown». La Francia trema. E pure l'Italia.
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