Partenza alle 5.10 dalla Centrale di Milano. C'è ancora il buio fitto della notte. Il Frecciarossa per Salerno ha soltanto 33 persone a bordo. Prende subito velocità, raggiunge quasi i 300 chilometri all'ora. Ci si sente sicuri, invincibili su un treno così. Chiunque di noi l'ha provata, questa sensazione. Sembra che il rapporto tra il tempo e lo spazio sia cambiato. Ti ricordi quando i treni si fermavano in stazioni che erano nel cuore delle città, quando i finestrini si abbassavano e sulle banchine passavano i carrelli con l'acqua minerale e i sandwich. Allora il viaggio aveva questa dimensione lenta e umana, che ti comunicava il senso del passaggio, dell'attraversamento.
L'Alta Velocità ha ribaltato tutto: il treno sfreccia senza che tu, dal finestrino della carrozza, possa renderti conto di dove sei, il paesaggio è cancellato, conta soltanto questo andare sempre più rapido verso la meta. Soltanto che anche un treno ad alta velocità è sottoposto alle leggi non scritte della sorte, del caso, dell'imprevedibile. Il Frecciarossa per Salerno, uscito alle 5.10 dalla Centrale, è appena all'altezza di Lodi, un percorso che una antica canzoncina suggeriva che, per amore, si poteva fare a piedi: ed ecco che sicurezza, potenza, velocità vanno a farsi benedire. Un deragliamento che non doveva avvenire, che poteva essere una strage, che ha lasciato sul campo due vittime del lavoro, i macchinisti Giuseppe Cicciù e Mario Di Cuonzo, a cui non può non andare un pensiero di rispetto e di pietà, come va un augurio ai 31 feriti, nessuno ricoverato in codice rosso, cui resterà per sempre la memoria di un rombo spaventoso, di mani solidali strette per salvarsi, di preghiere, di maschere di sangue fortunatamente senza conseguenze più gravi.
Ora si indaga su uno scambio rimasto aperto, su qualche errore umano. Ma la sfida dell'uomo alle leggi della natura comporterà sempre rischi e pericoli. Sono un utente e un ammiratore dei Tgv francesi e dei Frecciarossa e degli Italo italiani. Ma so che quando mi portano in tre ore da Marsiglia a Parigi o da Milano a Roma sfidano quasi la legge di gravità, volano senza volare, vanno oltre quello che per millenni è stato, per l'uomo, il rapporto con lo spazio. L'uomo non può fare a meno di queste sfide, almeno l'uomo moderno, dall'Ulisse di Dante che spinge i suoi uomini a compiere il «folle volo» al di là delle colonne d'Ercole sino al comandante Neil Armstrong che posa il piede sul suolo lunare. Ed è giusto che sia così. Ma c'è un limite, oltre il quale l'avventura della tecnica diventa qualcosa di cieco e di rovinoso. Il mito, questo infinito serbatoio di sapere fondato sugli impulsi primordiali delle nostre anime ce ne offre perfetti esempi. Non è «tecnologia mitologica» quella del carro del dio del Sole che percorre ogni giorno il cielo con immutabile ordine da levante, al mattino, sino a ponente, la sera? Eppure basta l'insistenza del figlio del dio del Sole per volere guidare il carro, la sua sventatezza, la sua mancanza di competenza nel tenere le briglie dei cavalli, il suo andare a vanvera su e giù senza regole per la volta celeste, e il disastro è assicurato. E il povero Icaro, con le ali di cera create dal padre Dedalo, vero progenitore di ogni ingegneria spaziale, si lascia prendere dell'ebbrezza del volare sempre più in alto, e il mare sa che fine ha fatto.
L'Alta Velocità, il progetto di cui si è parlato recentissimamente di un treno che vada da Milano a Roma in 45 minuti, gli aerei che volano a velocità supersonica, le astronavi che puntano verso la Luna e verso Marte sono tutte filiazioni di quel sogno delle origini. Riesploso nella nostra civiltà nell'Ottocento, e reso popolare dalla fantasia profetica di Jules Verne. Perché questo sogno rimanga tale, e non diventi un incubo, bisogna che l'uomo lo governi saggiamente. Il Frecciarossa è una conquista che si fonda sulla sicurezza. Una recente pubblicità che ci mostra le sue carrozze aerodinamiche e color rosso come interni di una casa sottolinea questa idea. Sul treno, più che su qualunque altro mezzo di trasporto, l'auto in balia di ingorghi, la nave in balia di onde, l'aereo sospeso nel cielo, ti devi sentire a casa. Che si muove a 300 chilometri all'ora, ma a casa. Così credo sia capitato ai passeggeri del Frecciarossa delle 5.10 per Salerno, che si sono alzati così presto al mattino per arrivare più presto alla meta. Chi beveva il caffè, chi lo serviva, chi leggeva il giornale, chi smanettava sul cellulare. E poi il tuono terribile. Le rotaie, che sono fatte per mantenere il treno su una direzione fissa, hanno tradito. La testa del convoglio si è disfatta come un treno giocattolo. Due uomini sono morti. Soltanto loro. I due che governavano con orgoglio quella velocità.
Ma la tecnica non sempre si piega al dominio dell'uomo. E sceglie come in questo caso oculatamente, crudelmente le proprie vittime. Sia pace - che forse è il contrario di ogni velocità - alle loro anime.(scrittore e poeta)
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