
Su Generali siamo al liberi tutti? È questo che intende Fabrizio Palenzona, quando pone l'amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, di fronte al bivio cruciale delle sue dimissioni?
Figura eclettica del mondo bancario, uomo dalle alterne stagioni ma sempre molto ascoltato quando si è trattato di imprimere svolte cruciali nel mondo della grande finanza, ieri Palenzona ha battuto un colpo. E che colpo. Citiamo testualmente le sue parole raccolte da Affari & Finanza, il settimanale economico di Repubblica, perché da sole dicono tutto. «Quando il grande Vincenzo Maranghi vide in pericolo le Generali - ricorda Palenzona - decise di farsi da parte a condizione di salvaguardare la compagnia, che Enrico Cuccia considerava l'asset più importante del Paese». E a seguire, rivolgendosi direttamente a Nagel: «Caro Alberto, la disponibilità a un grande sacrificio personale ti farebbe onore e ti consentirebbe, come fece Maranghi, di porre la condizione della salvaguardia dell'autonomia e della indipendenza delle Generali. Come? Chiedendo di votare l'unica lista completa presentata in assemblea e deliberando altresì, Mediobanca, di vendere una parte consistente della partecipazione in Generali, chiedendo nel contempo a tutti di abbassare la tensione. Si potrebbe, così, individuare e far spazio a un partner industriale che possa aprire immediatamente una nuova fase di stabilizzazione della compagnia e compattare intorno a questo l'azionariato storico, superando tutti, nessuno escluso, quell'ego e quei personalismi che caratterizzano la situazione attuale».
Palenzona, attualmente presidente di Prelios (gruppo Ion del finanziere Andrea Pignataro), in passato è stato vicepresidente di Unicredit - a lui si deve la mediazione con l'ex ceo Alessandro Profumo durante un passaggio del testimone particolarmente laborioso - oltre che consigliere di Mediobanca al tempo di Maranghi dominus. Dunque, se parla di Piazzetta Cuccia non lo fa da estraneo. Che cosa chiede a Nagel? Sostanzialmente di farsi da parte subito per far cessare lo scontro frontale che sta minando l'immagine di un bene prezioso per il Paese qual è la compagnia di Trieste. Consentendo in tal modo che un partner industriale - il riferimento è probabilmente a una grande banca nazionale (è presto per capire se il riferimento è a Unicredit o a Intesa Sanpaolo) - ne raccolga l'eredità di indipendenza compattando un azionariato stabile che da tempo chiede di essere ammesso nella stanza dei bottoni per condividerne le strategie. Qui l'ex banchiere si riferisce alle grandi famiglie di imprenditori (Del Vecchio, Caltagirone, Benetton per citare i primi nomi del libro-soci) indebitamente tenute sull'uscio da Mediobanca nonostante il grande impegno di risorse proprie che negli ultimi anni ha consentito al titolo Generali di agganciare una valorizzazione di Borsa che la gestione di Piazzetta Cuccia aveva di fatto impedito nel suo esclusivo interesse.
Ma non si ferma qui l'invito di Palenzona. L'ex banchiere chiede che Piazzetta Cuccia si impegni seriamente a vendere sul mercato una parte rilevante del 13% di Generali che attualmente possiede, tale da consentire che al suo fianco possa scendere in campo un partner industriale più adeguato. Solo così facendo e con il passo indietro di Nagel, la lista per il nuovo cda proposta dalla banca milanese può essere votata nell'interesse di tutti gli stakeholders. Naturalmente è impensabile che una vendita di titoli, anche solo parziale, possa avvenire nell'imminenza dell'assemblea delle Generali (l'adunanza è fissata per giovedì 24 aprile) convocata per la nomina del nuovo cda. Non fosse altro che per il fatto che l'Ops lanciata da Banca Mps su Mediobanca ne impedisce qualunque attività straordinaria. Di ciò però potrebbe incaricarsi Banca Mps, qualora la scalata a Piazzetta Cuccia abbia esito positivo: del resto, non è proprio il ceo Luigi Lovaglio che, riferendosi alla partecipazione in Generali, ha parlato di «partecipazione non strategica» nell'ambito del nuovo gruppo bancario?
La questione va dunque ricondotta alla scelta personale di Nagel. Accoglierà il banchiere che da quasi vent'anni è a tutti gli effetti il dominus di Mediobanca, l'invito di Palenzona? Probabilmente no. Una resa onorevole non è nelle sue corde. Probabilmente lotterà sino alla fine per mantenere integro il suo potere.
Ma così facendo legittimerà l'idea che non nell'interesse di Mediobanca o delle Generali si è mosso in questi anni, bensì nell'esclusivo interesse della sua poltrona. Di qui il liberi tutti suggerito implicitamente da Palenzona quando il 24 aprile si tratterà di scegliere i nuovi amministratori della compagnia di Trieste.
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