Settantaquattro operatori dell'informazione sono stati uccisi nel corso del 2016: a rivelarlo è il rapporto annuale di Reporters sans frontières, l'associazione che da decenni monitora l'attività dei cronisti, fotoreporter e cameraman in tutto il mondo.
A perdere la vita sono stati 57 giornalisti, nove blogger e otto collaboratori di varie testate. Nel 2015 furono 67 i giornalisti uccisi in tutto il pianeta, ma non si tratta tuttavia di un dato che può far sorridere. Rsf segnala infatti che questo calo nel numero dei colleghi uccisi sarebbe dovuto principalmente all'abbandono dei teatri di operazioni più caldi da parte di un numero sempre maggiore di giornalisti. "Troppi Stati - si legge nel rapporto - Sono buchi neri dell'informazione in cui regna l'impunità".
Il Paese più pericoloso al mondo per i giornalisti è la Siria, dove sono morti in diciannove, dieci in più dell'anno scorso. Al secondo posto l'Afghanistan, con dieci decessi, il Messico con nove, l'Iraq con sette e lo Yemen con cinque. Fra i Paesi in cui è più difficile esercitare liberamente e in sicurezza la professione giornalistica vengono citati anche il Burundi e il Bangladesh. Su cinquantasette giornalisti, ben cinquantatrè sono stati uccisi nei loro Paesi.
In aumento i reporter in prigione
style="font-size: 14.608px;">Molto alto anche il numero dei giornalisti incarcerati o comunque privati della propria libertà: al momento attuale sarebbero ben 348, il 6% in più rispetto all'anno precedente.
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