In due recenti sentenze della Corte di cassazione sono state sanzionate come oltraggio a pubblico ufficiale le frasi irriguardose proferite da un papà e da un preside che avevano pubblicamente messo in dubbio la competenza di un professore. Il rispetto verso queste figure è centrale per la crescita dei nostri figli e siamo noi genitori la chiave per orientarli a uno sviluppo che abbia coscienza dei ruoli. È notizia di oggi quella di una madre che, in Canada, per punire i figli che avevano dileggiato l'autista dello scuolabus, li ha costretti a percorrere il tragitto (circa sette chilometri) a piedi, con un cartello esplicativo in cui si assumeva la responsabilità del gesto «poiché siamo stati cattivi e maleducati con l'autista nostra mamma ci ha mandato a scuola a piedi». L'istinto primordiale è di provare compassione per questi fratellini ma la ragione dovrebbe spingerci ad ammirare il rigore educativo della madre, capace di fornire ai figli una lezione di vita che li spinga a comprendere le loro colpe e rispettare i ruoli.
Ignazio di Antiochia, vescovo e teologo della Chiesa primigenia, nel primo secolo dopo Cristo già si sentì in dovere di enunciare un principio senza tempo: «Si educa molto con quello che si dice, ancora più con quel che si fa, molto più con quel che si è», concetto ribadito poi, nel XX secolo, dal celebre psichiatra ed antropologo svizzero Carl Gustav Jung («i bambini vengono educati da quello che gli adulti sono e non dai loro discorsi»). Tutti noi siamo ciò che siamo stati educati a essere, influenzati principalmente dalle famiglie d'origine e dagli insegnanti che abbiamo incontrato sul nostro cammino, oltre che dagli amici, i parenti, le figure di riferimento della nostra vita. Eppure oggi viviamo in un'epoca in cui i modelli educativi, soprattutto di fronte al fenomeno del disgregamento delle famiglie e a nuovi modelli culturali di una società che ha abdicato al proprio ruolo di «guida», sono entrati in crisi, abbandonando a se stessi non solo i figli, ma anche gli insegnanti, figura fondamentale che sempre di più viene contestata dai genitori.
Siamo cresciuti in un contesto storico in cui gli insegnanti venivano riveriti e rispettati, i loro giudizi erano recepiti dalle famiglie come «sentenze» inappellabili. Oggi è cambiato tutto e non è infrequente imbattersi in aperti dissidi fra genitori e precettori, soprattutto laddove questi ultimi si siano permessi di rimproverare i pargoli o di elargire loro brutti voti. La «lesa maestà» di questi affronti viene lavata, nel migliore dei casi, con la plateale delegittimazione del maestro, che viene affrontato dal genitore come un subordinato che si è permesso di «giudicare» il figlio, dimenticando però che il giudizio, la sanzione, la correzione, sono parti integranti di ogni processo educativo. Questo crea un cortocircuito che produce solo danni che, a loro volta, si riverbereranno nello sviluppo delle personalità dei giovani e giovanissimi.
Per fortuna la Cassazione sta provando a «puntellare» la figura degli insegnanti richiamando la società al rispetto che meritano, ricordando che sono pubblici ufficiali e vanno rispettati, non solo dai genitori, ma anche dai diretti superiori.
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