Le foto che inchiodano l'Ong: così proteggevano i trafficanti

Negli scatti il trafficante pesta i migranti davanti agli attivisti di Save The Children e poi sale a bordo della nave usata dall'Ong. Perché lo scafista non è stato denunciato?

Le foto che inchiodano l'Ong: così proteggevano i trafficanti

Sono emersi nuovi dettagli sull'inchiesta della Procura di Trapani contro alcune Ong accusate, tra il 2016 e il 2017, di aver favorito l'ingresso illegale di migranti e di aver avuto rapporti diretti con i trafficanti.

L'indagine, partita più di tre anni fa, si è conclusa con la notifica a 24 indagati e una possibile imminente richiesta di rinvio a giudizio per i principali protagonisti. Nella lente di ingrandimento degli investigatori anche tre Ong: la tedesca Jugend Rettet, oltre che Save The Children e Medici Senza Frontiere.

Nelle scorse ore su Repubblica sono state pubblicate alcune delle foto che i magistrati trapanesi ritengono come prove delle accuse formulate. Si tratta di immagini scattate da un agente sotto copertura a bordo di alcune navi delle Ong nel periodo compreso tra il 2016 e il 2017, quello cioè preso in esame dagli inquirenti.

In una delle foto, si nota un trafficante picchiare dei migranti a bordo di un barcone. Lo si riconosce per una maglietta bianca con un numero 3 scuro stampato su una delle maniche. Si intuisce che è un trafficante perché non sembra farsi molti scrupoli nell'usare violenza contro i migranti. In un altro scatto, lo stesso trafficante ha in mano un tubo giallo e una persona si mette le mani al volto per ripararsi da eventuali colpi sferrati. Tutto questo avviene davanti ad alcuni attivisti scesi con un gommone dalla Vos Hestia, la nave usata dall'Ong Save The Children.

L'agente sotto copertura che ha scattato le foto ha poi annotato che il trafficante in questione è salito a bordo della Vos Hestia. In un'altra immagine alcuni giorni dopo, questa persona, sempre con la stessa maglia bianca, è stata notata al porto di Reggio Calabria. Nessuno quindi aveva denunciato il fatto che si trattasse di un trafficante, nessuno lo ha indicato come persona in grado di picchiare altri migranti.

I magistrati stanno quindi indagando sul perché l'Ong, dopo aver fatto salire a bordo lo scafista, poi successivamente non lo ha indicato e consegnato alla Polizia. Domande che emergono anche a proposito di un'intercettazione al vaglio degli inquirenti: “Ti ho detto seimila volte che io a bordo ho altri ruoli e non quello di fare la spia o l'investigatore”, è la frase captata dai magistrati durante le fasi di indagine.

A pronunciarla è stato Marco Amato, comandante della Vos Hestia: “Appena torna lo scemo – ha dichiarato in un'altra intercettazione – vedo cosa vuole fare. Altrimenti lo mando a fare in culo dicendogli: "Vedi dove te ne devi andare, vai a mangiare a casa, ti vuoi stare zitto o te ne vai siamo partiti già male”. Secondo gli inquirenti, ad essere preso per scemo sarebbe stato un membro dell'equipaggio che aveva segnalato due scafisti alla Polizia.

Dal canto suo Save The Children si difende, dichiarando in primis che Marco Amato non è un attivista dell'Ong. Ha semplicemente operato come comandante della nave usata dall'organizzazione: “Non si è mai tirato indietro – ha dichiarato un attivista a Repubblica – la priorità di tutti è stata sempre quella di salvare vite umane”. Non è stato però chiarito il motivo della mancata denuncia.

C'è poi un altro episodio che coinvolge la Vos Hestia su cui gli inquirenti vorrebbero vederci chiaro. Era infatti il 26 giugno 2017 quando la nave è stata affiancata da tre uomini a bordo di un potente gommone. L'agente sotto copertura ha scattato le foto anche in quell'occasione: una volta trasmesse le immagini ai colleghi, questi ultimi hanno riconosciuto uno degli uomini che parlavano con membri della Vos Hestia. Si tratterebbe, in particolare, di Suleima Dabbashi, membro della famiglia omonima che da anni nella città libica di Sabratha gestisce il macabro mercato di esseri umani.

Anche su questi rapporti gli inquirenti vorrebbero vederci chiaro.

Dal canto loro, gli attivisti di Save The Children a Repubblica si sono detti fiduciosi: “L'intera vicenda – si legge – non appena tutti i fatti saranno stati adeguatamente rappresentati e considerati, potrà essere chiarita confermando la correttezza del nostro operato”.

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