"Che hai fatto? Non doveva partire! L' altro non è arrivato ancora. Dio mio si scontreranno!". Sono queste le ultime parole esclamate da un capostazione di Casabianca prima della tragedia. Erano circa le 17.45 del 27 gennaio 1992 quando due convogli si precipitarono a folle velocità nello stesso binario scontrandosi. Ma cosa accadde veramente?
Lo schianto e il boato
La piccola stazione di Casabianca è una fermata ferroviaria che si trova sulla linea ferroviaria Roma-Velletri, posta tra la stazione di Ciampino e la fermata di Santa Maria delle Mole. La calma piatta delle campagne che circondano la zona è interrotta di tanto in tanto dal fischio dei treni che si avvicinano per sostare. I residenti non fanno più caso a quel rumore, oramai fa parte della loro quotidianità. Il fracasso e il boato che hanno spezzato violentemente il silenzio quel 27 gennaio lo ricorderanno per sempre.
Mentre il diretto Roma–Velletri partito da Roma Termini alle 17.30 avanza verso l’unica fermata a Ciampino, quello proveniente dal senso opposto ha appena lasciato la stazione di Santa Maria della Mole e sta continuando il suo viaggio. In entrambi i convogli i macchinisti alla guida hanno appena ricevuto il via dal ferroviere per procedere. Questo sistema, chiamato "blocco telefonico", permette ai treni di partire attraverso le telefonate tra capistazione.
In realtà uno dei due convogli avrebbe dovuto dare la precedenza all’altro e invece si trovano sullo stesso binario e, per un istante, chi è alla guida del treno scorge l’altro in un moto di paura e disperazione. Nel frattempo il personale della stazione di Ciampino, percepito l'errore, tenta in tutti i modi di fermare i treni, ma non ci sono ancora le tecnologie adatte. Mancano i collegamenti radio e i telefoni cellulari. Inoltre le stazioni di Santa Maria e Ciampino sono troppo vicine per poter intervenire in tempo.
L'irrimediabile sta accadendo di fronte all'impotenza dell'essere umano. Si sente una frenata strozzata dal rumore di ferro che stride e si schianta. L’impatto è violentissimo. Qualche minuto dopo il boato non si sente nulla. Fa paura quel silenzio. Poi qualcuno grida e iniziano ad arrivare le ambulanze, i vigili del fuoco e la polizia. La corsa contro il tempo diventa fondamentale per i 192 feriti. I morti invece sono sei: Romeo D'Antimi, Gabriele Gianmattei, Tommaso Cocuzzoli, Claudio Milletti, Costantino Radu e Alberto Zaccagnini.
“Errore umano ma inevitabile”
Nel caos generale per salvare più vite possibili, il ferroviere che ha dato il via ai due treni di poter procedere è sotto choc. Suda freddo, si rende conto che ha appena compiuto lo sbaglio più grosso della sua vita e allora fa quello che un uomo spaventato fa impulsivamente: fugge. Vaga per la campagna, contatta i suoi più cari amici e dopo un’ultima telefonata alla famiglia si pente, quindi si costituisce al capitano dell’Arma di Castel Gandolfo.
Si chiama Sossio Dolce, ferroviere da trent’anni da poco promosso a capostazione e mentre confessa le sue colpe non riesce a perdonarsi un errore del genere. Un attimo prima della tragedia aveva dato il cambio al collega che si era allontanato per una pausa. Qualche minuto dopo lo aveva visto arrivare di corsa dal bar e con gli occhi spalancati si era sentito urlare:"Che hai fatto? Non doveva partire! L' altro non è arrivato ancora. Dio mio si scontreranno!”, a quel punto aveva capito di aver fatto commesso l’errore fatale.
Qualche giorno dopo La Repubblica fa uscire un'intervista ai ferrovieri della stazione. Le loro frasi sono rilevanti per scagionare il collega: "Tutti i treni che arrivano qui - raccontano - sono praticamente uguali uno all' altro. Quelli che giungono da Albano, da Marino, da Frascati sono gialli e arancioni come il Roma-Velletri. E sui convogli i cartelli che indicano la provenienza del treno non sono numerosi. È molto probabile che il capostazione abbia scambiato le vetture, abbia creduto che il Velletri-Roma fosse già arrivato, dando via libera all'altro".
Successivamente a queste dichiarazione si apre un’inchiesta per valutare effettivamente quante probabilità avrebbero potuto causare un incidente del genere. Il personale ferroviario mette sotto accusa una linea vecchia a binario unico, dove tutto è affidato a una telefonata tra i capistazione e dove non si può bloccare un convoglio perché i macchinisti non hanno in dotazione neppure un radiotelefono. Alfredo Valente, il capostazione di Ciampino, che al momento in cui Dolce ha dato il via al treno era momentaneamente assente per un caffè, ha raccontato alla polizia ferroviaria: "Non c' è stato nemmeno il tempo per avvertire Roma, un centro al Prenestino, e far interrompere da lì l'elettricità".
Negli anni si sono susseguite una serie di richieste da parte dei comitati e dei cittadini pendolari per raddoppiare la linea. Nonostante ciò, dopo trent’anni dall’accaduto, il binario unico è rimasto. Quello che è cambiato riguarda il sistema di sicurezza: in seguito al terribile incidente è diventato tutto automatizzato dicendo addio al vecchio "blocco telefonico". Inoltre i treni arancioni di cui parlavano i ferrovieri poi riverniciati di bianco, sono stati sostituiti nel 2016.
Il 27 gennaio del 2022 gli uomini della polizia di Ciampino hanno organizzato e presenziato la
commemorazione per ricordare le vittime a trent'anni di distanza dalla tragedia, ponendo una corona di fiori davanti alla targa che ricorda i nomi delle sei vittime e che riporta la frase: "Non accada mai più".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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