Sulla porta di legno, con dello spray nero, qualcuno ha scritto "Juden hier" che, in tedesco, significa "qui ci sono ebrei". La frase, comparsa in questi giorni all'ingresso della casa di Lidia Rolfi, staffetta partigiana deportata nel 1944 nel campo di concentramento tedesco di Ravensbrück e testimone degli orrori dell'olocausto, è un gesto inequivocabile che ha sconvolto l'intera comunità di Mondovì, in provincia di Cuneo.
La lettera del vescovo
Oggi, all'interno dell'abitazione della donna, scomparsa nel 1996, vive il figlio Aldo a cui il vescovo del comune piemontese, Egidio Miragoli, ha voluto scrivere una lettera in segno di solidarietà, a nome della comunità cristiana, dopo il grave episodio, sul quale stanno indagando, proprio in queste ore, la Digos, il reparto operativo dei carabinieri e il Ros di Torino. Miragoli ha definito l'azione un "gesto inqualificabile di odio razziale".
La vicinanza del prelato
Nella sua lettera, il vescovo ha sottolineato la gravità di quell'azione, che ha preso di mira la figura e la memoria di una donna che, per circa un anno, fu costretta a vivere in uno dei più feroci campi di concentramento tedesci. "Ho saputo e letto, da più parti, delle coraggiose scelte di vita di Sua madre, della sua militanza da giovanissima nella Resistenza, della sua forza nel reggere ai terribili dodici mesi nell'inferno del lager di Ravensbrück, del suo coraggio, al ritorno, nel rendere lucida la testimonianza con scritti, lezioni e insegnamenti su quelle pagine oscure della recente storia", scrive il prelato nella sua missiva.
"L'eredità di Lidia è preziosa"
Miragoli, nel suo messaggio al figlio di Lidia Rolfi, sottolinea l'importanza del lascito della donna e aggiunge: "L'eredità di mamma Lidia è preziosa, è memoria e monito, su un fronte sul quale non bisogna mai abbassare la guardia. L'ignobile scritta sulla loro porta di casa è, infatti, prova di come, una volta di più nei momenti di crisi (non solo economica) le menti e gli spiriti più poveri tendano a portare indietro l'orologio della Storia, riesumando le espressioni di un'intolleranza e di un'aggressività senza senso e senza limiti: quelle di chi non ha argomenti e verosimilmente reca in sé un vuoto abissale".
"Il gesto è prova di ritardo culturale"
Ricordando lo sterminio del popolo ebraico come una dei momenti più aberranti della storia recente, il vescovo del comune piemontese ha poi specificato: "Ripristinare le parole e i modi che inaugurarono la tragedia più spaventosa del secolo scorso è prova di un ritardo culturale e di una meschinità umana di fronte ai quali ogni uomo degno di questo nome inorridisce, anche a Mondovì, dove i nostri fratelli ebrei pagarono la repressione delle leggi razziali con la morte nei lager".
E nel concludere la lettera, Miragoli ha detto: "Auspito che la società monregalese tutta sappia reagire al vile episodio compattamente, testimoniando la propria scelta per una convivenza inclusiva e rispettosa dell'altro".
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