Segre sul confine svizzero che respinse lei e il padre: "Non perdono quell'uomo"

Entrambi furono poi deportati ad Auschwitz, dove il padre morì e la senatrice visse un tempo "indicibile"

Segre sul confine svizzero che respinse lei e il padre: "Non perdono quell'uomo"

Tutti attenti e in silenzio, con gli occhi puntati verso la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah e al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.

Lei sull'avambraccio ha ancora tatuato il suo numero di matricola, 75190, che "sarà accanto al mio nome sulla tomba, perché io sono quel numero", come racconta il Corriere della Sera. Liliana Segre ha parlato davanti a 500 ragazzi, a Lugano, in Svizzera, il Paese che nel 1943 ha respinto lei e suo papà Alberto, impedendogli di passare il confine e salvarsi dalle persecuzioni. Pensavano di essere salvi, ma a causa di quel "no" vennero catturati dai soldati fascisti e trasportati nel campo di concentramento, dove Alberto morì poche settimane dopo e la senatrice visse un tempo "indicibile".

Ora, per la priva volta dopo 75 anni, Liliana Segre ha ricevuto le scuse ufficiali del Paese, ma lei non può perdonare e dimenricare chi le ha fatto del male:"non posso dire di non provare rancore verso l’uomo che quel giorno ci rimandò in Italia. Mi buttai a terra come una disperata, abbracciai le sue gambe implorandolo di non mandarci via. Lui ci fece riaccompagnare dalle guardie con la baionetta puntata alle spalle. Ricordo che sghignazzavano".

La senatrice

a vita insiste sull'importanza del ricordo, ma "che cosa si può fare perché i giovani non dimentichino?". La replica alla domanda di una ragazzina è semplice e diretta: "La risposta sei tu, qui".

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