Quando lo scorso 4 aprile scoppia il conflitto a Tripoli, in Italia si teme un vero e proprio esodo: Fayez Al Sarraj, il premier che in quel momento cerca appoggio dal nostro paese contro Haftar, parla addirittura di 800.000 migranti pronti a partire.
Cifra esagerata, di gran lunga superiore a quelli che sono i numeri reali che parlano invece di circa 6.000 stranieri che aspettano di andare in Italia. Ma le condizioni di guerra e l’incapacità del governo locale di controllare il territorio, fanno comunque temere una nuova crescita esponenziale del fenomeno migratorio lungo la tratta libica.
Fino ad agosto si tira, da questo punto di vista, un sospiro di sollievo. Nei mesi estivi si assiste ad un leggero incremento degli arrivi dalla Libia, ma su base annuale e dunque rispetto allo stesso periodo del 2018 il numero di migranti giunti lungo le nostre coste continua a mostrare un trend in discesa.
A settembre invece la situazione muta repentinamente. Aumentano gli arrivi in Italia ed aumentano le partenze registrate dalla Libia. Gli scafisti, dall’altra parte del Mediterraneo, provano ad approfittare del periodo di incertezza che contrassegna la politica italiana nello scorso mese di agosto e tornano a mandare in acqua decine di barconi e gommoni.
Per loro è una vera e propria corsa contro il tempo: occorre recuperare, sfruttando l’attuale contesto politico italiano, tutto il denaro perso con il decremento di oltre il 90% degli sbarchi dal 2017 al 2019, prima che l’arrivo dell’autunno non permetta più le traversate.
L’allentamento delle maglie sull’immigrazione da parte del nuovo esecutivo, la decisione di far entrare le navi Ong in cambio della promessa europea della redistribuzione, stanno dando l’impressione a chi organizza i viaggi della speranza in Libia che questo mese di settembre è l’ideale per tornare a lucrare sulla pelle di migliaia di esseri umani.
Non si spiega altrimenti l’impennata del numero delle partenze dalla Libia dai giorni a cavallo tra la crisi di governo e la nascita del nuovo esecutivo guidato da Giuseppe Conte.
Ieri a tenere banco è il salvataggio operato dalla Guardia Costiera italiana a largo di Malta, con La Valletta che in un primo momento nega il trasbordo dei novanta migranti soccorsi dall’Italia. Sempre di ieri è la notizia di un totale di 109 persone a bordo della Ocean Viking, la nave dell’Ong francese Sos Mediterranée, dopo due operazioni di recupero. Nei giorni precedenti Lampedusa è letteralmente assediata, con il numero degli sbarchi (anche dalla Tunisia) che aumenta fino a creare disagi nel locale centro di accoglienza.
In questo mercoledì, nelle prime ore del mattino, arriva la notizia di un altro barcone partito dalla Libia in difficoltà non lontano da Malta: "Alle 8.59 siamo stati avvisati dal gruppo che era partito da Tripoli, in Libia. Alle 9.10 abbiamo allertato le autorità maltesi”, si legge in un tweet del profilo di Alarm Phone, il network telefonico che raccoglie le richieste di aiuto dai barconi in difficoltà.
A bordo del barcone di legno si stima la presenza di almeno 45 migranti, partiti dalle coste vicine alla capitale libica. Del caso se ne starebbe occupando La Valletta, anche se, visti i più recenti precedenti, non è da escludere un intervento italiano.
Ed è ancora soltanto l’inizio di questa giornata. Le partenze dalla Libia, da qui fino all’arrivo del peggioramento delle condizioni metereologiche, potrebbero procedere al ritmo di più di tre o quattro al giorno.
Anche gli scafisti evidentemente hanno il loro
“spread”: basta soltanto la notizia del possibile cambiamento di politica, che subito si attiva la speculazione sui migranti. E, in tal senso, forse fa più danno un repentino cambio di governo in Italia che la guerra a Tripoli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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