Oggi iniziano le votazioni in Commissione cultura al Senato dei numerosi emendamenti al decreto Rilancio che decideranno la sorte delle scuole paritarie. Per capire cosa sia davvero in gioco, rubiamo le parole al filosofo Dario Antiseri: «Chi difende la scuola libera non è contrario alla scuola di Stato: è semplicemente contrario al monopolio statale nella gestione della scuola. E questa non è un'idea di bacchettoni cattolici o di biechi e ricchi conservatori di destra. È la giusta terapia per i mali che necessariamente affliggono un sistema formativo intossicato dallo statalismo».
Nel 2000, l'allora ministro Luigi Berlinguer, memore di una antica tradizione comunista, disse: «È tempo di chiudere questo conflitto del Novecento: scuole statali contro private. Non esiste, non è più tra noi, ci ha fatto perdere tempo e risorse». E ancora: «Basta guardarsi in giro e si scopre che l'insegnamento è pubblico, fortemente pubblico, ma può essere somministrato da scuole pubbliche, private, religiose, aconfessionali in una sana gara a chi insegna meglio». Da allora, la sinistra, su questo tema ha fatto molti passi indietro fino a identificare le scuole paritarie con il «privilegio» e stabilire la coincidenza tra «pubblico» e «statale».
Nel resto del mondo si identificano invece con la libertà di istruzione, un diritto fondamentale. La Legge 62/2000 stabiliva il passaggio dalla «Scuola di Stato» al «Sistema nazionale di istruzione» costituito dalla «Scuola pubblica statale» e la «Scuola pubblica paritaria». C'è il trucco, come spiega Antiseri: «Dichiarare giuridicamente uguali Scuola Statale e Scuola Paritaria finanziando solo la prima e lasciando morire di inedia la seconda è un ulteriore inganno perpetrato da una politica cieca e irresponsabile» (Più libertà per una scuola migliore, Rubbettino).
Ma vediamo come se la passano i privilegiati. Cediamo la parola alla massima esperta sul tema, Suor Anna Monia Alfieri: «Oggi la famiglia - causa Covid-19 - non riesce a pagare due volte, tasse allo Stato e retta alla scuola paritaria; a settembre dovrà ridurre le proprie spese del 6 per cento (stima ottimistica) e quindi sarà più povera; tra i tagli ci sarà la retta della scuola paritaria. Questa, già altamente indebitata, per il 30 per cento chiuderà le porte e 300mila alunni si riverseranno nella scuola statale». Conseguenze? Alle famiglie in crisi viene negata una libertà. Alla scuola pubblica viene assegnato il compito di assorbire un costo spaventoso. Senza contare gli ulteriori problemi di ordine sanitario. Quei trecentomila ragazzi peseranno 4,9 miliardi di euro sulle casse dello Stato. Ne bastano la metà esatta per evitare la fuga dalla paritaria. Le associazioni hanno fornito un enorme ventaglio di strumenti, dalla detraibilità integrale delle rette versate nei mesi di sospensione della didattica fino a sconti fiscali, passando per un fondo speciale per l'acquisto di piattaforme digitali.
Tutta Europa, tranne Italia e Grecia, tutela le scuole paritarie, in accordo, tra l'altro, con le delibere dell'Unione europea. Ma si vede che, in questo caso, non vale la frase preferita dalla sinistra: «Ce lo chiede l'Europa». Pronti? Via. Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia: piena parità tra scuole statali e scuole non statali. Belgio: a carico dello Stato gli stipendi di tutto il personale. Spagna: tutte le spese a carico dello Stato. Portogallo: erogazione dell'equivalente del costo medio di un alunno di scuola statale. Nelle maintained schools inglesi sono a carico dello Stato tutti gli stipendi e le spese di funzionamento, oltre all'85% delle spese di costruzione. In Germania sono a carico dello Stato e delle Regioni (Länder) lo stipendio dei docenti (85%), gli oneri previdenziali (90%), le spese di funzionamento (10%) e la manutenzione degli immobili (100%). In Francia sono possibili quattro accordi alternativi, che vanno dalla integrazione amministrativa al contratto di massima libertà che non prevede alcun contributo. Le nostre paritarie non chiedono neppure un simile trattamento, memori delle infinite, stucchevoli, antidiluviane polemiche sull'articolo 33 della Costituzione: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Chiedono un aiuto ora, nel momento del Covid, per potere poi offrire un servizio pubblico che non debba essere pagato due volte, nei termini (detrazione, deduzione, voucher) fissati dallo Stato.
Dunque, cari onorevoli, oggi vi tocca il compito di salvare le scuole paritarie. Lo dovete fare tutti, in modo trasversale, maggioranza e opposizione, per affermare un reale cambiamento nell'affrontare questa materia delicata. Una scuola libera garantisce alternative (culturali) alle famiglie, tutela la vera giustizia sociale permettendo a chiunque l'accesso a tali alternative, accresce l'efficienza degli istituti, costretti a misurarsi l'uno con l'altro, e la qualità dell'insegnamento.
Chi voterà contro tutto questo è un killer della libertà travestito da paternalista difensore dei «poveri» che, diamo una notizia a questi falsi benefattori, frequentano anche le paritarie, magari rinunciando alle vacanze che potrebbero fare se non dovessero sborsare due volte per l'istruzione dei figli.
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