No, dico: ma ve lo immaginate? Massimo Galli che quasi lo trascinano davanti alla telecamere, costretto com’è ad andare “continuamente in tv” perché “la gente” (ma chi?) lo chiede a gran voce. Non è lui a “reclamare spazi”, non sia mai, lui è uno di quelli a cui “la moda dei virologi mi fa arrabbiare”. Da morire. Roba da far drizzare i capelli pure a chi non ne ha. Poi però te lo trovi lì seduto nel suo ufficio, cuffie in testa e camice bianco, pronto a dispensare consigli, analisi, idee e previsioni sul Covid come manco Nostradamus.
A volte c’ha preso, Massimo dal Sacco di Milano. Tipo nel luglio scorso quando disse che il virus non era “clinicamente morto” (come sosteneva qualcuno) e la seconda ondata gli diede ragione. In altre occasioni invece ha preso cantonate stratosferiche, come quando inveì contro Draghi per i “rischi calcolati” che a detta dell’infettivologo avrebbero seminato morte e terrore. Nulla di tutto questo. Lui oggi ammette l’errore, ma non troppo: sostiene che “ci è andata di lusso” (tradotto: abbiamo avuto culo), perché “se la variante Delta fosse arrivata un pelo prima sarebbe stato un altro disastro”. Facile così salvare capra (la realtà dei fatti) e cavoli (la faccia). A Perugia dicono: se aveva due ruote, pure il mi nonno era un carretto. Come a dire: son tutti capaci a fare i virologi tirando a caso per poi dare la colpa di eventuali toppate ad eventi fortuiti esterni.
La notizie comunque sono due. La prima è che il sessantottino Galli apprezza quello che Bertolaso ha fatto in Lombardia: chapeau. La seconda è che il primo novembre se ne andrà in pensione. Quando l’ha comunicato (ovviamente in tv) i suoi detrattori avranno stappato champagne: non lo vedremo più. Invece no. Perché Massimo odia “la moda dei virologi”, subisce i “continui” inviti delle trasmissioni, ma non scomparirà. Per il futuro “spera di no” ma comunque anche lui “teme di sì”: lo vedremo ancora a battagliare con quei colleghi, politici, intellettuali, giornalisti che non ama granché. Rivedremo forse i suoi scontri con Bonaccini, Cacciari, Sallusti, Borgonovo, Porro, Bassetti e chi più ne ha più ne metta. In fondo è stato in grado anche di rilasciare 7/8 interviste in un giorno solo, come si fa a smettere di botto? Perché le telecamere e le interviste sono così: se ti invitano, mica puoi rispondere “no, grazie”. È un obbligo morale per “quella necessità di informazione e dibattito in materia”(sic!). E poco importa se un professorone di 70 anni potrebbe tranquillamente dire ad autori e giornalisti “fate così, invitate questo mio collega che è bravissimo”. Galli lo spazio ce l’ha, glielo offrono e non sembra fare molto passaparola. Alla fine occupa il piccolo schermo con discreta regolarità. S’era preso un periodo sabbatico, poi è tornato più presente che mai. E probabilmente non se ne andrà neppure quando l’Inps inizierà a versargli l’agognato (per noi) assegno mensile.
Anzi. A pensarci bene potrebbe pure andare peggio. Non avendo più l’obbligo di presentarsi in corsia (“a 70 anni i professori universitari devono lasciare”), avrà maggior tempo a disposizione. “Non abbandono la trincea”, dice. “Continuerò a studiare”, ripete.
Forse si dedicherà alla digitalizzazione dell’archivio dei morti di Milano dal 1452 e - perché no - magari pure a un libro: “Voglio scrivere: ho anche un romanzo nel cassetto”. Con la popolarità conquistata (maledetta tv!), trovare un'editore sarà una passeggiata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.