Quella sinistra che ci preferisce impreparati

A poco più di millecento chilometri da Trieste, si svolge la guerra più devastante sul suolo europeo dal 1945

Quella sinistra che ci preferisce impreparati

A poco più di millecento chilometri da Trieste, si svolge la guerra più devastante sul suolo europeo dal 1945. I russi, gli invasori, hanno appena distrutto una base al confine con la Ue. Un niente, e la Nato potrebbe dover intervenire, se colpito un suo membro, la Polonia, oppure la Lituania. Ci sembra perciò del tutto ovvio che gli eserciti dell'alleanza stiano preparandosi, limitando i congedi e predisponendo gli addestramenti, in vista di un conflitto che, sì, potrebbe scoppiare. Ma solo a una parte della sinistra italiana questa condizione sembra non solo l'anticamera della guerra, ma quasi un golpe strisciante. Rifondazione comunista, che dunque pare esista ancora, ha scoperto una circolare dello Stato maggiore in cui si raccomanda di addestrarsi al warfighting, invece di, guarda un po', organizzare lezioni di taglio e di cucito. Laddove il buon senso coglie un'ovvietà, la mente abbacinata della sinistra rosso antico vi vede addirittura la «mobilitazione» in guerra, come se Roma avesse già, autonomamente, dichiarato guerra a Mosca, ovviamente senza annunciarlo al paese, il che sarebbe pure una specie di colpo di mano, non si sa se del governo o dello Stato maggiore. Rifondazione è un partito meno che lillipuziano, certo, ma i toni esagitati sono condivisi da una fascia di sinistra ben più ampia: sicuramente quella di Piazza San Giovanni e di Landini. Quella che non vuole l'invio delle armi, quella che non vuole le sanzioni, che vuole solo la pace, cioè l'annessione dell'Ucraina da parte di Putin. In attesa che il Despota attacchi altri Stati. Ma troviamo in queste posizioni un altro tic antico della sinistra: l'antimilitarismo, l'idea, che la guerra la desiderino i militari e i «circoli reazionari», e che sia scatenata sempre e soltanto contro il «popolo».

Ora rassicuriamo i comunisti: nessuno auspica la guerra, ma soprattutto nella storia almeno recente sono sempre i militari a non volerla. Solo che in determinati condizioni, essa è l'unico mezzo per risolvere una disputa oppure per fermare un pericolo. Che, se non bloccato oggi, si ripresenterà domani, ancora più forte e aggressivo.

Vi è poi il più che fondato sospetto che tanta retorica da parte dei comunisti e di parti della sinistra derivi dall'effetto simpatia che Putin esercita su di loro: fino a un mese fa era un «fascista», ora, saranno gli slogan deliranti sulla Ucraina da «denazificare», saranno le falci e il martello dipinte ancora su qualche tank, sarà il richiamo della foresta anti americano e anti Nato, Putin è diventato un «compagno che sbaglia» (se poi sbaglia).

Il filo putinismo nel centrodestra c'è, e va estirpato: ma anche a sinistra non sono messi molto bene.

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