Non ce la fa mica Gad Lerner ad aspettare. Non dico la sentenza definitiva in Cassazione, quello è chiedere troppo. Ma almeno l’udienza preliminare o quella di convalida del fermo. No. Immaginate la scena: il comunista col Rolex (copyright credo Salvini) legge sui siti internet la notizia del giorno, ovvero la pistolettata tirata da un assessore ad un marocchino in mezzo alla strada. I dettagli della vicenda sono ancora vaghi. Lui, Massimo Adriatici, ha un regolare porto d’armi. La vittima, 39 anni, è conosciuto a Voghera per le piazzate nei bar, la lista di precedenti lunga mezzo metro e già sottoposto a Tso. Tecnicamente un senza fissa dimora, pregiudicato, su cui pendevano inviti a lasciare l’Italia. Martedì sera, verso le 23, i due litigano, vola una bottiglia, forse c’è una colluttazione, il marocchino avrebbe spinto Adriatici e - dice l’assessore - cadendo parte un colpo che colpisce la vittima al torace. Panico, 118, soccorsi, ospedale. Non c’è niente da fare. Youns El Boussetaoui muore.
Ecco. Immaginatevi Gad a leggere questa notizia. Il suo sguardo si concentra su un solo dettaglio, mica indifferente, sia chiaro, però un dettaglio. Ovvero il fatto che l’uomo che aveva imbracciato la pistola è assessore alla Sicurezza della Lega, ex poliziotto, noto avvocato e storico militante del Carroccio. Il contesto lo conoscete: da sinistra partono subito gli attacchi, Salvini e i leghisti si schierano col collega di partito. È il più classico, ed orribile, vizio italiano di prendere posizione prima ancora che investigatori e inquirenti abbiano chiarito bene le dinamiche. In piazza Meardi ci sono delle telecamere, forse potranno dirci qualcosa. I magistrati hanno disposto diverse analisi, comprese quelle balistiche. E sul corpo di Youns dovranno fare l’autopsia. Ci possiamo fare delle domande, certo. Tipo: perché Adriatici aveva la pistola in mano? E perché era carica? Ma prima di sputare sentenze, non sarebbe meglio attendere? No. È che siamo fatti così, in Italia. Enrico Letta chiede l’abolizione del porto d’armi ai privati. Beppe Sala si aggrega. Mezza sinistra emette condanne definitive senza appello. E Gad Lerner mica poteva essere da meno. Infatti stamattina scrive questa cosa qui: “Vi ricordo che anche Luca Traini, il giustiziere di Macerata, era iscritto alla Lega”. E poi: “Dieci anni fa, dopo la strage di Utoya il deputato europeo leghista Mario Borghezio lodò le idee dell’attentatore”. E ancora: “Diciamo che in quel partito sparare agli africani è una vocazione”.
Va bene che Twitter chiede sintesi, ma questa pare un tantino esagerata. Perché mescolare le pere con le mele, solo perché le hanno comprate due leghisti? Mi spiego: il caso Traini è una roba tutta a sé, legata alla faccenda di Pamela Mastropietro. Un crimine, certo, e il diretto interessato merita di starsene in cella. La strage di Utoya è lontanissima, e Borghezio risponde delle sue posizioni. Qui invece siamo di fronte a un caso di cronaca locale che con il “giustiziere di Macerata” o il terrorista di Utoya non c’entrano una mazza. Qui c’è solo da capire come sono andate le cose, attendere le indagini e solo dopo giudicare.
Comunque la responsabilità (penale e civile) è sempre personale, lo sa questo Gad? Perché pure lui da giovane si accompagnava a santarelli ("tre persone perbene") del calibro di Adriano Sofri, Ovidio Bompressi e Pietrostefani, gente condannata al carcere per l’omicidio Calabresi. Eppure nessuno s'è mai permesso di dire che nella sua cerchia di compari ammazzare commassari fosse una "vocazione".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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