Lo statalismo che paralizza la modernizzazione

Il disastro dei treni in Puglia

Lo statalismo che paralizza la modernizzazione

Lo scontro frontale dei due treni che viaggiavano su un solo binario, nell'attesa, da anni, ne fosse costruito un secondo, parallelo, è la fotografia dell'Italia, che ha speso, e spende, l'intera fiscalità e le risorse fornitele dall'Europa, per mantenere un immenso apparato burocratico fine a stesso, l'effetto di una politica statalista e dirigista nata con la Costituzione del 1948 sul modello dell'Unione Sovietica che, nel frattempo, si è dissolta sotto il peso delle sue contraddizioni e delle sue carenze, mentre la nostra classe dirigente si chiede ancora che fare in questi casi affinché non si ripetano

È sconfortante constatare che a oltre un secolo dall'unità, il nostro Paese non ha ancora raggiunto quella modernità che altri hanno già raggiunto e superato. Lo scontro è - appunto - la fotografia di un Paese rimasto al livello del terzo mondo. Che piaccia o no, siamo prigionieri di una Costituzione, quella del 1948, che ha la sola funzione di mantenere un apparato burocratico fine a se stesso; il quale non amministra il cittadino, ridotto al rango di suddito. C'è almeno da augurarsi che l'incidente produca una salutare riflessione culturale, prima ancora che politica, e induca la classe dirigente a mettere mano a una salutare modernizzazione. Sono decenni che, da noi, si parla di riformare la pubblica amministrazione. Ma la classe politica, prigioniera di corporazioni e di interessi settoriali, è ridotta a chiedersi che fare in tali situazioni, non sapendo come uscirne. In realtà, prima che una rivoluzione politica, l'Italia ha bisogno di una rivoluzione culturale che spazzi via lo statalismo e il dirigismo che sono stati all'origine dell'ordinamento.

D'altra parte, fino a quando la cultura dominante sarà questa che continua a governarci, è molto difficile che l'Italia diventi un Paese moderno. Ora abbiamo toccato il fondo e l'incidente dei due treni lo testimonia. Occorre che la società civile ne prenda atto e provveda a mutare la propria cultura politica, facendo dell'Italia un Paese davvero inserito nelle democrazie liberali del'Occidente. Ce la faremo ? L'interrogativo è d'obbligo. Un ruolo decisivo lo dovrebbero assolvere i media. Che, però, hanno da tempo rinunciato alle proprie funzioni di controllo e integrazione. L'Italia ha prodotto, nel dopoguerra, un miracolo economico grazie all'iniziativa della sua parte privata, ma non ha mosso un passo sotto il profilo della cultura politica, non avendo riflettuto su ciò che era stato e su ciò che avrebbe dovuto produrre la Resistenza. Nel 1945, non abbiamo riflettuto culturalmente, prima ancora che politicamente, su ciò che era stato il mondo e che cosa avrebbe dovuto rappresentare il lavacro della Resistenza. Abbiamo semplicemente cambiato casacca, da nera a rossa.

Adesso, o facciamo un bel bagno culturale purificatore, o non ne usciamo.

Ma con la scuola e i media che ci ritroviamo, le speranze sono poche.

piero.ostellino@il giornale.it

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