Strage di Cefalonia, il gup di Roma rinvia a giudizio ex soldato tedesco

Nel settembre del '43 l'89enne Alfred Stork avrebbe partecipato all'eccidio in cui furono assassinati dai nazisti centinaia di militari italiani

Il gup del tribunale militare di Roma ha rinviato oggi a giudizio un ex militare tedesco, 89enne, accusato dell’uccisione di "almeno 117 ufficiali italiani" sull’isola di Cefalonia, nel settembre 1943. Si tratta di Alfred Stork, che avrebbe partecipato all’ultimo atto dell’eccidio: la fucilazione di ufficiali alla "Casetta Rossa".

All’incriminazione dell’ex caporale tedesco gli inquirenti, coordinati dal procuratore militare di Roma Marco De Paolis, sono arrivati nell’ambito dell’inchiesta a carico di Otmar Muhlhauser, l’ex ufficiale morto nel luglio 2009 mentre era in corso l’udienza preliminare nei suoi confronti. Dalle indagini su Muhlhauser emersero dei sospetti anche nei confronti di altri due soldati della Wehrmacht, Gregor Steffens e Peter Werner, anch’essi quasi novantenni. Nei loro confronti, però il gip del tribunale militare ha disposto l’archiviazione, su richiesta dello stesso pm, ritenuto che non è stato trovato "alcun riscontro all’ipotesi accusatoria". Non è stato così per il caporale del 54° battaglione "Cacciatori da montagna" Stork: gli inquirenti ritengono di avere le prove della sua partecipazione "materiale" alla fucilazione di ufficiali alla Casetta Rossa, il 24 settembre 1943. A cominciare dalla sua confessione. Sentito nel 2005 dai magistrati tedeschi, infatti, Stork ammise di aver fatto parte di uno dei due plotoni di esecuzione attivi quel giorno. Con il rinvio a giudizio dell’ex militare si riapre una delle vicende giudiziarie più lunghe e controverse del dopoguerra, che - a parte la condanna "simbolica" inflitta dal tribunale di Norimberga al generale Hubert Lanz (12 anni, ma ne scontò solo tre) - ha visto concludersi in un nulla di fatto tutti i numerosi processi che si sono svolti in Italia e in Germania. Nessun colpevole per una strage la cui entità, in termini di vittime, è anch’essa controversa.

Il numero complessivo dei caduti è oscillato a lungo da un minimo di 5mila uomini ad un massimo di oltre 10mila, in pratica l’intera Divisione Acqui: oggi, anche in base alle conclusioni dello stesso consulente tecnico della procura militare di Roma, Carlo Gentile, si tende a ritenere che nell’isola greca morirono circa 2.300 militari, un quarto in combattimento e gli altri fucilati dopo la resa; altri 1.500 affogarono nei naufragi delle navi con cui venivano deportati.

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