Mario Draghi parla poco, ma agisce molto, con efficienza, nel mare agitato della terza ondata della pandemia, causata dalle mutazioni del virus. Draghi volta pagina, anzi cambia libro, con il suo Decreto del Presidente del Consiglio, un Dpcm che riguarda i «ristori», in gran parte accogliendo le proposte - ispirate a concretezza operativa - che Forza Italia aveva presentato, a livello parlamentare, spesso trasformate in emendamenti, durante l'ultimo governo Conte, che le aveva ignorate. La cosa più importante, dal punto di vista del contenuto, è che il diritto ai «ristori» non si basa più sui codici Ateco delle attività economiche costrette alla chiusura dalla crisi.
Ciò generava due errori. Innanzitutto questi «codici» consistono in classificazioni dei vari tipi di attività economiche che sono vecchi, non tengono conto di nuove tipologie professionali. Ciò generava iniquità e cavilli interpretativi. Inoltre, spesso il danno economico degli obblighi di chiusura non riguarda solo gli operatori economici a cui sono rivolti i divieti, ma i loro fornitori. E molte volte questi hanno un danno maggiore, perché forniscono un valore aggiunto maggiore. Inoltre i lavoratori autonomi, spessissimo, non possono usufruire, per i loro addetti, di cassa integrazione. Le catene fra fornitori e sub fornitori sono variegate. Abolendo i Codici Ateco entrano in gioco per i «ristori» quasi tre milioni di potenziali beneficiari: imprese e lavoratori autonomi. D'altro canto, come ha sostenuto Forza Italia, non si tratta di «ristorare», ma di sostenere gli operatori economici con importi adeguati e tempestivi, al fine di prevenire insolvenze bancarie e dissesti. Il decreto «ristori» di Draghi risponde ad entrambe queste esigenze. Lo fa, in primo luogo, con indennizzi del 33% mensile per perdite del ricavo annuo del 2020, su quello del 2019, sino a 5 milioni di euro di fatturato. Con un fatturato 2019 tra i 50mila e non oltre i 100mila euro, il rimborso mensile è del 30%, poi scende al 25%, al 20%, al 15% con l'aumento del fatturato annuo. Ciò in quanto più l'impresa è grande, più la quota di utile sul fatturato si riduce, poiché essa fa maggior uso di fornitori e di costi di marketing. Sino ad ora i ristori sono arrivati in ritardo, sia perché i Dpcm dell'epoca Conte-Speranza erano dilazionati da controversie interne, sia soprattutto perché erano erogati dall'Inps, con un duplice problema. La sua rete informatica era congestionata anche da altre emergenze e si bloccava ed i mezzi finanziari per i ristori dovevano arrivare dal ministero dell'Economia e finanze (Mef) e si dovevano calcolare ogni volta e il loro fabbisogno, sulla base dei dati forniti dall'Agenzia delle entrate, che dipende dal Mef. Ora i rimborsi li farà direttamente l'Agenzia delle entrate. Con un apposito portale, pronto fra un mese, che opererà con rimborsi mensili, in presa diretta con i dati fiscali degli aventi diritto, attingendo ai soldi del Mef. Inoltre vi era anche la questione dei particolari danni subiti dalle stazioni sciistiche a causa del fatto che, dopo aver paventato una loro apertura nell'ultima parte della stagione, Conte le ha chiuse definitivamente.
Sicché gli alberghi hanno dovuto rimborsare i clienti arrivati e gli impianti sportivi e altri esercizi hanno subito danni difficili da quantificare. Per loro è previsto un indennizzo globale a parte, che verrà ripartito fra le diverse località coinvolte, mediante con un altro modello semplificato.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.