Non si è mai visto un governo fascista intercedere con forza per far liberare da uno Stato estero la donna diventata simbolo della sua opposizione, che l'ha pure candidata alle imminenti elezioni europee.
La scarcerazione di Ilaria Salis, detenuta nelle carceri di Budapest con pesanti accuse, è l'ennesima prova di quanto infondata e folle sia la narrazione della sinistra radicale sul nostro esecutivo e pure sul tasso di democraticità del leader ungherese Victor Orbán. Se la pregiudicata Salis è uscita anzitempo di cella, lo si deve infatti solo al paziente lavoro diplomatico di Palazzo Chigi e del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che sarebbero molto probabilmente arrivati prima sull'obiettivo se solo il padre della ragazza e il circo mediatico da lui messo in piedi non avesse complicato e di molto le cose. Siamo contenti del lieto fine, consci della fondatezza del vecchio detto «a far del bene all'asino si ricevono solo calci», che infatti puntualmente sono arrivati da parte del padre della ragazza: «Dai ministri Nordio e Tajani attività molto debole». Pazienza, qui si vede lo spessore dell'uomo assurto grazie alle malefatte della figlia agli insperati onori della cronaca. Fa tristezza, compensata dalla soddisfazione di prendere atto che quando si tratta di aiutare italiani finiti nei guai all'estero questo governo non si muove in base all'incrocio delle sue idee con quelle del malcapitato. Il che, per di più, non credo entusiasmi una buona fetta dei suoi elettori, certamente non quelli (presenti in maggioranza anche nello schieramento opposto) che vivono la politica - dico io purtroppo - come fossero ultrà della curva sud.
Certo, il risultato ottenuto ieri disinnesca uno degli argomenti forti che la sinistra radicale pensava di usare in questo gran finale di campagna elettorale, quello della destra complice delle presunte scelleratezze di Orbán. Un problema anche per la ragazza, che ancora non sa che da libera serve ben poco a chi avrebbe voluto speculare da sciacallo sulla sua detenzione.
Ora ci aspettiamo che per pareggiare il conto Orbán interceda con l'Italia per risolvere una grossa ingiustizia che abbiamo in casa nostra. Quella di un governatore, Giovanni Toti, agli arresti senza aver spaccato la testa a nessuno, né rubato un solo euro. In Ungheria non potrebbe succedere.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.