Se è vero che la pandemia ha creato nuove disuguaglianze, è altrettanto innegabile che la cultura dell’inclusione è molto cresciuta nel nostro Paese, grazie a iniziative pubbliche e private. Un ruolo fondamentale lo stanno avendo le tecnologie, che fungono da preziosi strumenti per assicurare parità di accesso ai servizi e alle opportunità. In particolare le persone con disabilità, grazie ad applicazioni sempre più innovative, possono superare impedimenti e limitazioni, acquistare maggiore autonomia e integrarsi più facilmente nei luoghi di lavoro e di socialità. Dalle carrozzine elettroniche agli scooter elettrici, dagli smartphone per ipovedenti alle tecnologie didattiche è assai vasto il patrimonio di innovazioni che consentono alle persone con disabilità di vivere una vita gratificante e ricca di stimoli.
Non solo tecnologie, ma anche parole appropriate
Il gap che nel tempo i disabili hanno dovuto colmare e stanno ancora colmando non riguarda solo la componente tecnologica e delle attività pratiche. C’è una rilevanza indubbia del linguaggio che esponenti delle istituzioni, rappresentanti del mondo delle professioni e delle associazioni, imprenditori, docenti, ma soprattutto comunicatori e giornalisti utilizzano quando raccontano situazioni di disabilità. La delicatezza lessicale è una componente tutt’altro che secondaria della cultura dell’inclusione, perché indica rispetto della dignità delle persone con disabilità, senza vetusti stereotipi né buonismi di facciata.
Un glossario per non sbagliare
Uno strumento che può aiutare tutti coloro che si occupano di disabilità a non commettere errori è la guida “Le parole giuste – Media e persone con disabilità”, realizzata da Intesa Sanpaolo e approvata dall’Ufficio per le politiche in favore delle presone con disabilità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dall’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità e da Anffas – Associazione nazionale di famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale. E’ un glossario, scaricabile gratuitamente dal sito della banca e accessibile ai software per ciechi e ipovedenti. Il leitmotiv che ispira i suggerimenti in esso contenuti è il dominio dell’impulsività che contraddistingue l’overdose di messaggi sui social. Quando si parla di disabilità occorre moderazione, sensibilità rafforzata. Nel documento si trovano alcuni esempi molto incisivi ed eloquenti. Evitare espressioni come “costretto su una sedia a rotelle” o “ridotto su una sedia a rotelle”, che enfatizzano la sofferenza della persona disabile, quando invece occorrerebbe sottolineare che la sedia a rotelle è un semplice facilitatore, usando l’espressione “persona che si muove in sedia a rotelle”. Inoltre, non inflazionare il termine “fragile”, associandolo ai disabili. Tutte le persone possono essere fragili in momenti diversi della loro vita e per cause diverse, ma non necessariamente tutte le persone con disabilità sono fragili o desiderano essere considerate tali.
Infine, anche termini come “folle, pazzo, psicopatico”, usati frequentemente in contesti informali per indicare instabilità emotiva, possono risultare offensivi e non devono essere usati se riferiti a un disturbo nell’area psichica. Meglio dire più sobriamente “persona con disabilità psichica”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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