“Ho provato a ucciderlo perché sentivo le voci che mi dicevano di farlo”. Così una 40enne napoletana è stata assolta, per incapacità di intendere e di volere, nel processo per il tentato omicidio del figlio appena nato. La donna, però, non tornerà in libertà ma sarà costretta al ricovero presso una struttura sanitaria giudiziaria.
La decisione è arrivata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Nola, in provincia di Napoli, che ha accolto le conclusioni della perizia psichiatrica sulle condizioni di salute mentale della signora che, come riportano i media locali, fino alla sentenza è stata custodita presso il carcere femminile di Pozzuoli.
I fatti alla base del processo risalgono esattamente a un anno fa. Era il 19 gennaio del 2016 quando la donna, preso in braccio il piccolo, lo gettò in strada dal balcone. Il neonato si salvò, grazie anche alla tempestività dei soccorsi. Trasferito subito all’ospedale pediatrico del Santobono di Napoli, i medici gli riscontrarono la frattura di una clavicola e a diverse costole, oltre a un trauma cranico. Dopo otto giorni di ricovero, il piccolo fu dimesso e subito affidato a una nuova famiglia.
Intanto le forze dell’ordine avevano assicurato alla giustizia la madre. La donna, incalzata dalle domande degli inquirenti che le chiedevano i motivi del suo assurdo gesto, rispose di essere stata indotta a farlo dalle voci che lei sola sentiva nella sua testa.
Disposta la perizia psichiatrica e stabilito che la donna non ha gli strumenti per essere considerata capace di intendere e volere, è perciò stata assolta.
Ma per i magistrati resta, altissima, la sua pericolosità sociale. E perciò hanno disposto il ricovero in una delle residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza, le strutture che da qualche tempo hanno sostituito i vecchi ospedali psichiatrici giudiziari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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