"Trattati a favore della Francia". Così l'Italia si becca i migranti

Il muro francese a Ventimiglia sorretto dagli accordi Ue: da Chambery a Dublino, così ci rimette solo l'Italia

"Trattati a favore della Francia". Così l'Italia si becca i migranti

Quando gli immigrati arrivano in Italia, nessuno può impedirgli di entrare. Le porte sono aperte. Quando, invece, cercano di fuggire dal nostro Paese per andare altrove, nessuno li fa passare. Le porte d’Europa sono chiuse.

Tra Ventimiglia e Mentone, sulla linea che separa il territorio italiano da quello francese, i migranti in cerca di fortuna in altri paesi dell’Unione vengono respinti dalla polizia d’Oltralpe senza che Roma possa opporre resistenza. A punire il Belpaese, spiega il deputato della Lega Flavio di Muro, ci sono "trattati internazionali inefficaci, a favore della Francia e talvolta punitivi nei confronti dell'Italia". Si tratta di tre accordi in particolare: quelli di Schengen, Chambery e Dublino III. Tutti abilmente sfruttati da Parigi per rimandarci indietro gli stranieri.

Il trattato di Chambery

Partiamo da Chambery. Il trattato bilaterale tra Italia e Francia risale al 1997, quando al governo c'era Prodi e al ministero dell'Interno un certo Giorgio Napolitano. L'accordo definisce la collaborazione tra polizie di frontiera nella gestione dei confini, in particolare nella lotta all'immigrazione clandestina. Tutto in regola, per carità: gli immigrati irregolari provenienti dal Belpaese e fermati in Francia devono essere rimandati oltre confine. Lo dice il testo. Anche noi, ovviamente, potremmo fare lo stesso. Solo che il flusso oggi va da Roma a Parigi e non il contrario. E così l'Italia si ritrova in una posizione decisamente scomoda: da una parte è obiettivo di sbarco di tutti barconi che partono da Sud; dall'altra, si ritrova un vero e proprio tampone a Nord a causa delle frontiere barricate dai francesi. Bisognerebbe ridiscutere l'accordo, ma per ora non se ne è mai parlato.

Il trattato di Dublino

L'altra spina nel fianco del Belpaese è il trattato di Dublino. Se Chambery riguarda gli immigrati irregolari, Dublino regola i movimenti in Europa di chi ha fatto richiesta d'asilo in uno Stato Ue. "Quando è accertato (...) che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro - si legge nelle carte - questo è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale". Tradotto: i migranti sbarcati in Sicilia e registrati dall'Italia, se provano ad arrivare a Parigi, possono essere rispediti dai francesi nel Belpaese in ottemperanza alle norme di Dublino III. Un'altra fregatura.

Ecco perché Matteo Salvini, durante il vertice a Helsinki, ha sostenuto il no dell’Italia al principio del porto più vicino per l’approdo dei migranti. Francia e Germania insistono per ribadire che le persone salvate nel Mediterraneo vanno fatte scendere a Malta o Lampedusa, col rischio è che - alla fine - a farsi carico di tutti gli immigrati sia sempre lo Stato di primo approdo. Ovvero Roma o La Valletta. Il timore del Viminale, che ha disertato il vertice di Parigi, è che nuovi accordi mal fatti finiscano col confermare l'Italia come "campo profughi dell'Europa". Il pericolo esiste e Ventimiglia ne è la dimostrazione.

Il trattato di Schengen

L'Eliseo, come detto, si trova nella comoda posizione di poter respingere legalmente verso l'Italia sia clandestini che richiedenti asilo. Per farlo, però, deve però beccarli al confine. Un problema che ha risolto da quando, nel 2015, ha sospeso il trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone in Europa.

La sospensione è (più o meno) regolare, se si esclude che ormai la Francia ha superato il limite massimo dei due anni: come spiega l’articolo 25 del codice, è nelle facoltà di un Paese "in caso di minaccia grave per l'ordine pubblico o la sicurezza interna" annullare temporaneamente Schengen. Il fatto è che, superata la minaccia terroristica, la mossa francese ha finito col regolare soprattutto i flussi migratori. Gli ultimi dati disponibili, infatti, dicono che nel 2017 su 86.320 "rèfus d’entrèe" notificati ai migranti al confine, solo in 20 sono stati espulsi perché ritenuti una "minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza". Tutti gli altri erano normali migranti. "L'obiettivo originale era la sicurezza della Patria - denuncia l'associazione Anafé nel suo ultimo rapporto - ma la volontà dello Stato sembra, invece, una 'lotta contro l’immigrazione'".

Mettendo insieme Chambery, Dublino

e la sospensione di Schengen, Parigi ha eretto così una sorta di muro invisibile al confine (sorretto dalla legalità dei trattati). Nel silenzio assordante dell'Europa, attenta solo a criticare l'Italia.

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