L'amministratore di un Comune concepisce il diritto di giungere (per le imposte) fino a un certo limite, come un dovere di giungervi. Lo diceva già Luigi Einaudi il 30 luglio del 1946 nella II Sottocommissione della Costituente, subito aggiungendo: tanto più che «la spinta a spendere c'è sempre, quanto esiste la possibilità di tassare». Einaudi faceva il caso specifico di alcune imposte dirette previste allora nel sistema fiscale delle Province e dei Comuni ricordando che il legislatore aveva stabilito un primo limite massimo di quelle imposte ma che Comuni e Province, dopo averlo raggiunto, avevano dichiarato che non potevano vivere, e allora si era creato un secondo limite a cui sollecitamente tutti i Comuni erano arrivati. E, allorché se ne era creato un terzo, questo era stato «subito raggiunto dalla totalità dei Comuni».
È una vecchia storia, dunque, quella che si è ripetuta per l'Ici, per l'Imu e per la Tasi, così come per tante altre. Con l'aggravante che, ora, questo sistema delle imposte che nascono piccole e poi aumentano via via regolarmente fino a diventare insostenibili, sarebbe addirittura - con la legge di Bilancio - favorito, consentendo ai Comuni di arrivare a un massimo delle imposte di loro spettanza più alto dell'attuale, con un aggravio ulteriore di imposte sulla casa rispetto alla stessa tassazione stabilita da Monti e mantenuta dai governi Letta, Renzi e Gentiloni.
Come molte volte accade, l'argomento che si utilizza quando si vogliono aumentare le imposte è quello della semplificazione. Oggi abbiamo sia l'Imu che la Tasi, quest'ultima com'è noto imposta che dovrebbe essere sui servizi e correlata al loro livello (in realtà è un'imposta patrimoniale e basta, così come l'Imu). I «semplificatori» propongono di unificare le due imposte in una unica «nuova Imu». Ma, siccome bisogna sempre guardarsi da chi ci vuole bene, già da ora si verrebbe a pagare di più (e, per il futuro, si faciliterebbero gli aumenti: si dovrebbe infatti aumentare un'imposta, invece che due).
Scavando nella proposta dell'Imu unica all'esame della Camera dei deputati, si scopre che nell'emendamento Gusmeroli (ma ce n'è uno anche del Pd e sono entrambi ispirati ad un testo dell'Associazione dei Comuni depositato in occasione di una audizione) si porta all'11,4 per mille l'aliquota massima dell'imposta, oggi fissata (sempre come massima possibile) al 10,6 per mille per quasi tutto il territorio italiano (l'ulteriore 0,8 fino a raggiungere la misura dell'11,4 era stato previsto, per gli anni 2014 e 2015, ricorrendo particolari speciali condizioni e speciali casi, tant'è che di questa facoltà ha potuto avvalersi una minima parte dei Comuni italiani, meno del 7%). L'estensione di questa possibilità di arrivare all'11,4 per mille a tutti i Comuni italiani porterebbe ad un aumento di tassazione stimabile in circa 1,5 miliardi di euro all'anno. L'aggravio sarebbe particolarmente pesante per i proprietari che affittano (tanto per creare ancora difficoltà alla mobilità delle persone sul territorio) perché con la soppressione della Tasi verrebbe a cadere la quota del tributo a carico dell'occupante/conduttore, pari al 10-30% dell'importo dovuto.
Inoltre, verrebbe eliminato qualsiasi obbligo per i Comuni di individuazione dei servizi indivisibili correlati alla Tasi e della relativa indicazione analitica (una remora alla tassazione) oggi prevista, anche se in nessun Comune effettuata, per quanto risulta.L'Imu unica, in sostanza, è un modo per dare la possibilità ai Comuni di fissare delle aliquote più alte di adesso. E se avranno dal Parlamento questa possibilità, di certo lo faranno. Parola di Luigi Einaudi.
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