Si chiama MOSE, senza accento, anche se ha a che fare con un miracolo legato alle acque. È un acronimo - MOdulo Sperimentale Elettromeccanico e indica il sistema di dighe mobili che difende Venezia dall'acqua alta.
Vi ricordate? Per anni la sinistra ecologista e immobilista lo ha contestato, per ragioni ambientali o economiche. Beppe Grillo fece del «NO Mose» un tormentone, Roberto Saviano denunciò fallimenti e tangenti, i Verdi di Angelo Bonelli ne fecero una crociata. «Non serve», «Costa troppo», «Deturpa la Laguna». Sempre gli stessi, sempre dalla stessa parte sbagliata.
Risultato. Ieri Venezia è stata premiata dall'Onu come «Città resiliente»: è stata riconosciuta «Resilience Hub internazionale» per le soluzioni adottate nella riduzione dei rischi ambientali. Solo nelle ultime settimane, periodo di acqua alta, il Mose è stato alzato 14 volte, salvando la città.
In Italia succede sempre così. Prima era osteggiato, oggi tutti vogliono salire sull'arca di Mosè (è un calembour...).
«No Tav», «No Tap», «No Triv»...
La storia insegna che, di solito, più è feroce un «No» a un evento o una grande opera, maggiore è il successo, dall'Expo che lanciò la nuova Milano all'Alta velocità che ha ricompattato l'Italia (e l'Unità boicottò l'Autostrada del Sole).Ora non resta che sperare nel Ponte sullo Stretto. Vedere sfilare i «No Bridge» un domani sulla campata fra Messina e Villa San Giovanni, in coda dietro Salvini, non avrebbe prezzo. Neppure quello pagato per il Mose.
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