Ucraina, neonati ammassati in un hotel: sono i figli delle madri surrogate bloccati dal virus

A causa del lockdown, 46 bambini venuti al mondo da gestanti a pagamento si trovano in un limbo giudiziario, visto che i genitori non possono andarli a prendere. Insorgono le femministe: "Il governo non dia permessi, è un reato"

Ucraina, neonati ammassati in un hotel: sono i figli delle madri surrogate bloccati dal virus

La nursery, con decine di culle pronte ad accogliere i bambini appena nati, è stata allestita nella hall dell'Hotel Venezia, a Kiev, in Ucraina. E i piccoli "ospiti", che in tutto sono 46, sono i neonati venuti al mondo da gestanti che hanno portato a termine la gravidanza a pagamento, su richiesta di cittadini provenienti da diversi Paesi del mondo, compresa l'Italia. E a causa dell'emergenza sanitaria causata dal nuovo coronavirus, i genitori "committenti" non possono volare in Ucraina a prendere i loro figli, che hanno da poche ore a poche settimane di vita.

Neonati lasciati soli

Come riportato dal Corriere della sera, le immagini di questi piccoli, uno di fianco all'altro nelle culle, sono state pubblicate sul sito della Biotexcom, un'agenzia per la maternità surrogata ucraina, che a causa della pandemia ora si trova in difficoltà nel gestire la vita dei neonati. Denis Herman, avvocato della clinica, avrebbe persino sollecitato i genitori a rivolgersi ai ministeri degli Esteri dei propri Stati di appartenenza, affinché possano richiedere al governo ucraino il permesso speciale, in deroga alle regole del lockdown, di andare a prendere i propri figli.

La lettera

Come viene mostrato dal video diffuso dall'agenzia ucraina, avrebbe destato una certa preoccupazione in Italia, soprattutto tra i movimenti femministi che, da tempo, si battono contro questa pratica, ritenuta spesso un vero e proprio fenomeno di sfruttamento sia delle donne, sia dei bambini. La Rete italiana contro l'utero in affitto, che rappresenta diverse associazioni tra cui In Radice-per l'inviolabilità del corpo femminile, RadFem Italia, Se non ora quando libere, Udi e Arcilesbica nazionale, ha inviato una lettera all'ambasciatore italiano in Ucraina, Davide La Cecilia e, per conoscenza, anche al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in cui è stato chiesto "di verificare le effettive condizioni di salute dei bambini e quanti e chi siano gli italiani clienti di Biotexcom e di altre cliniche".

La protesta delle femministe

Le firmatarie nella missiva avrebbero ricordato che nel nostro Paese l'utero in affitto costituisce reato e che "chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punto con la reclusione da tre mesi a due anni e con una multa da 600mila a un milione di euro". Ed essendo in Italia illegale praticare la gestazione per altri, le femministe chiedono che non sia concesso alcun permesso speciale per "recarsi a 'ritirare' i bambini". E anzi, secondo quanto osservato dalle firmatarie, l'Italia dovrebbe attivarsi perché i minori "vengano affidati, di preferenza, alle madri che li hanno messi al mondo. Oppure, se esse non possono o non intendono farsene carico, a famiglie che se ne possano prendere cura". O ancora, "che vengano dichiarati in stato di adottabilità".

I (tanti) casi in Ucraina

In Ucraina, Biotexcom non è la sola clinica a effettuare la surrogacy.

Sono, infatti, decine le strutture di questo tipo che, adesso, si trovano in difficoltà sia perché l'attività è ferma a causa del Covid-19, sia per i circa 500 neonati "bloccati" in Ucraina a causa delle misure per contenere la pandemia. I bimbi, infatti, vivono in una specie di "limbo" giudiziario: non è ancora certo chi potrà prendersene cura, qual è la loro cittadinanza e, soprattutto, chi sono i loro genitori.

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