Marco Vizzardelli, loggionista della Scala e melomane a tutto campo, è diventato famoso non per le sue competenze musicali, ma per aver urlato l'altra sera, in apertura dell'opera che inaugurava la stagione del teatro milanese, «viva l'Italia antifascista», concetto peraltro assolutamente condivisibile. È la dimostrazione che, per soddisfare il proprio narcisismo, basta un'ovvietà assoluta, basta saper scegliere tempi e luogo.
Già, perché ci vorrebbe coraggio a urlare quella frase se fossimo sotto un regime fascista, ma essendo il fascismo morto e sepolto da ottant'anni - fingono di non saperlo solo Bersani e la Boldrini - parliamo di acqua fresca. Addirittura ci vorrebbe più coraggio ad urlare «viva la gnocca», perché coi tempi che corrono, si rischierebbe davvero l'arresto in flagranza per esternazioni politicamente scorrette in un regime che vuole imporre la correttezza.
Il sindaco di Milano Beppe Sala ieri ha pubblicato un post polemico: «Ma al loggionista che ha gridato Viva l'Italia antifascista ed è stato identificato (dalla Digos, ndr), che gli si fa?». Azzardo io una risposta: assolutamente nulla, in caso contrario sarei il primo a scendere in piazza, perché la libertà di espressione, anche se stupida o inopportuna in un certo luogo, è sacra. Immagino che il Vizzardelli sarebbe stato identificato anche se avesse urlato «forza Inter», per verificare se fosse uno intenzionato a fare del male ad altri o solo a se stesso.
A me questi novelli Toscanini fanno un po' tristezza e un po' ridere. Il grande Maestro, alla fine degli anni Venti del secolo scorso, in pieno fascismo crescente, si rifiutò di dirigere la Turandot alla Scala perché Benito Mussolini aveva annunciato la sua presenza. Finì che Mussolini restò a casa e Toscanini diresse. Ecco, quello era avere le palle, non come oggi urlare contro i fantasmi o, come ha fatto il sindaco Sala, annunciare che non sarebbe salito nel palco reale al fianco di La Russa e poi lì è finito con calorose strette di mano.
Vabbè, lunga
vita a Marco Vizzardelli, nuova icona della sinistra, ma come ha suggerito ieri Vittorio Sgarbi, propongo una modifica al suo urlo: non «viva l'Italia antifascista, ma semplicemente «viva l'Italia». Più semplice, più vero.
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