Bimbo ucciso dal padre, la Corte europea condanna l'Italia

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per non aver protetto una donna e i suoi bambini dalla violenza domestica del padre. La sentenza: "I procuratori hanno permesso al compagno di continuare l'aggressione"

Bimbo ucciso dal padre, la Corte europea condanna l'Italia

La Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) di Strasburgo ha condannato l'italia per non aver protetto una donna e i suoi figli dalla violenza domestica del compagno, terminata in tragedia. Per questo, lo Stato dovrà versare alla donna un risarcimento da 32mila euro per danni morali. La Corte ha condannato il comportamento dei procuratori, "rimasti passivi di fronte ai gravi rischi che correva la donna". La vicenda in esame risale al 2018, quando a Scarperia, in provincia di Firenze, un uomo uccise a coltellate il figlio di un anno, ferendo in modo grave la donna e cercando di uccidere l'altra figlia.

La sentenza

"Le autorità non sono riuscite a proteggere una donna e il figlio ucciso dalla violenza domestica", spiega la Corte europea dei diritti dell'uomo sul proprio sito, riferendosi alla sentenza che oggi ha condannato l'Italia. La Corte ha ritenuto all'unanimità l'avvenuta violazione dell'articolo due della Convenzione, cioè il diritto alla vita. Nel caso preso in esame, si legge, la donna "ha sostenuto che lo Stato italiano non aveva intrapreso i dovuti provvedimenti a proteggere lei e i suoi due figli dalle violenze domestiche inflitte dal suo partner". Questo aveva portato alla morte del figlio di un anno, ucciso dall'uomo nel 2018.

La Corte ha ritenuto "che le autorità nazionali erano venute meno al loro dovere di condurre un'immediata e proattiva valutazione del rischio di reiterazione degli atti violenti" e a quello di "adottare misure operative e preventive per mitigare il rischio e per proteggere quelli interessati". Lo Stato italiano, quindi, non avrebbe protetto adeguatamente la donna e i suoi figli di fronte alla violenza domestica portata avanti dall'uomo. In particolare, "le autorità erano rimaste passive di fronte al grave rischio di maltrattamenti" e questa "inerzia" degli organi competenti avrebbe permesso al compagno della donna di continuare con minacce, molestie e aggressioni. "Le autorità- si legge sul sito della Cedu- avrebbero dovuto valutare il rischio di una rinnovata violenza e adottare misure appropriate e adeguate" alla situazione, intervenendo immediatamente, come richiedono i casi di violenza domestica. Per questo motivo, le autorità italiane sono state ritenute colpevoli per non aver mostrato "la necessaria diligenza" e per non aver protetto la donna e i figli vittime di violenza. La sentenza spiega che i procuratori "sono rimasti passivi di fronte ai gravi rischi che correva la donna e con la loro inazione hanno permesso al compagno di continuare a minacciarla e aggredirla". Per questo, la Corte ha condannato l'Italia a un risarcimento da 32mila euro.

I fatti

La vicenda finita sotto la lente della Corte europea per i diritti dell'uomo risale al 2018. Nel settembre di quell'anno, l'uomo aveva aggredito la moglie e i due figli, gettando la figlia contro il muro e accoltellando più volte il bimbo più piccolo, uccidendolo. Il documento della Cedu ricostruisce gli avvenimenti, ricordando che la donna ebbe una relazione con l'assassino del figlio, "senza sapere che soffriva di disturbo bipolare dall'età di 20 anni". L'uomo aveva mostrato cambiamenti di umore, accompagnati da irritabilità e violenze.

"Tra novembre 2015 e settembre 2018- si legge nel documento-la signora ha subito quattro attacchi dal suo partner, dopo ciascuno dei quali è intervenuta la polizia di Scarperia", visto che la donna aveva sporto denuncia. Nei confronti dell'uomo era stato anche avviata una procedura "con l'accusa di violenza domestica, ma non era stato emesso nessun ordine per la protezione" della donna e dei figli, mentre erano in corso le indagini, nonostante un esperto avesse indicato la pericolosità dell'uomo, a causa dei disturbi di cui soffriva. Così, il 14 settembre 2018, l'uomo ha ucciso il figlio di un anno, tentato di uccidere la figlia di 7 anni e ferito la compagna.

La Corte

di Strasburgo ha giudicato il caso, stabilendo la violazione del diritto alla vita della donna e dei figli da parte dello Stato italiano, senza però riconoscere l'aggravante della discriminazione, come chiesto dalla donna.

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