"Vorrei urlare, ma non serve. Posso solo affidarmi a Dio"

La rabbia di don Cesare, aiutante del parroco di Amatrice: "Vorrei urlare, ma non serve a nulla. Posso solo affidarmi a Dio"

"Vorrei urlare, ma non serve. Posso solo affidarmi a Dio"

"Vorrei urlare, ma non serve a nulla. Posso solo affidarmi a Dio". Don Cesare, aiutante del parroco di Amatrice, guarda con il viso solcato da lacrime invisibili l'istituto femminile Minozzi all'ingresso della città. Sotto le macerie del convento del Santissimo Sacramento sono ancora intrappolate sette persone, quattro anziani e tre suore. Schiacciate dal tetto che ha ceduto subito dopo la scossa delle 3.35.

Il convento ospitava sei suore e quattro anziani, arrivati ad Amatrice per passare l'estate. Solo tre delle religiose sono state estratte vive: due sono state trasportate in ospedale mentre la più giovane ha una profonda ferita in fronte. Ma è in piedi. "Mi scoppia la testa che vorrei sbatterla al muro - dice al giornale.it - ma sono viva grazie a Dio". Le altre tre consorelle, invece, lottano per la vita sotto cumuli di macerie. O forse sono già morte.

Le speranze infatti sono appese ad un filo finissimo. I soccorritori non riescono ad entrare all'interno dello stabile: i muri portanti hanno ceduto e il tetto ha schiacciato il terzo piano della struttura portando giù anche il secondo solaio. Proprio quello dove si trovavano gli anziani e le suore.

Nemmeno i cani addestrati per la ricerca dei dispersi possono sovrastare le migliaia di tonnellate di calcinacci accumulati. Dalla finestra si vede un letto distrutto e qualche straccio. Nel momento in cui scriviamo, alcuni soccorritori degli alpini sono saliti in cima alle macerie nella speranza di trovare qualcosa. Ma non sentono muoversi nulla. Si spera di sentire un gemito, un grido di dolore.

"Siamo trepidanti, siamo afflitti - dice Don Giorgio - Vorremmo fare qualcosa". Non riesce a contenere il dolore. "Proviamo tristezza e impotenza di fronte alle forze della natura. Ma la fede non ci manca. Anche in questo momento il Signore è vicino a noi e a chi soffre".

Di fronte alla porta del convento ci sono alcuni familiari. Come Massimo Terlizzi, che ha preso la macchina non appena appresa la notizia. Viene da Roma nord. Ha fatto una corsa contro il tempo sapendo che sua madre, Cicerone Annamaria Rosaria (quasi 90enne), era tra gli anziani intrappolati. Non crede più ad un miracolo. "Vorrei solo fosse morta sul colpo. Senza soffrire".

Poi riprende la sua instancabile attività per aiutare i soccorritori. Forse il suo cuore ancora conserva un briciolo di speranza. "Ora dobbiamo pensare ai vivi", conclude don Cesare. Nel ricordo di chi non c'è più. (Clicca qui per il video della testimonianza del don)

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